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Ottobrata Romana All’Ex Mercato

Se pensiamo a Rugantino ci troviamo a rivivere Roma in piena età papalina, mentre con Fregoli torniamo ai tempi della Belle Epoque, invece con “Roma Capoccia” di Venditti ci riconduce direttamente all’ormai storico Folk Studio. Tre epoche diverse ma un unico luogo: Roma, e un’unica lingua perché un dialetto quando diventa storia e lascia dietro sé quello che ha lasciato il “romanaccio”, di lingua ci piace parlare. Dagli scritti di “Cronica d’anonimo romano” del ‘300 fino a “Roma capoccia” di Venditti, passano 700 anni, sette secoli durante i quali Roma ha visto passare sulle sue strade papi, re, imperatori e tutta una serie di personaggi più o meno famosi. I vicoli della città eterna e i grossi agglomerati urbani che ormai si estendono ben oltre “le mura” e ormai lontani anche da “Fori porta” sono e sono stati testimoni oculari di avvenimenti che diventano storia, la stessa che occupa buona parte dei libri di testo specializzati in tale materia. A Roma si è concretizzata una ridda di eventi che hanno sia positivamente che negativamente cambiato il volto alla città in primis, ma anche alla nazione e al mondo intero. La presenza del papato prima, centro della cristianità e successivamente il ruolo di capitale d’Italia, hanno fatto di Roma e del suo popolo un elemento cosciente delle proprie capacità e del suo ruolo fondamentale nelle decisioni, anche quelle estreme. Insieme a tutto ciò poche comunità hanno testimoniato con scritti, raffigurazioni e soprattutto con forme d’arte come la poesia e la canzone, le trasformazioni, i fatti di una città e cantato e raccontato i suoi pregi e i suoi difetti. Tutto questo con una lingua quasi sempre in evoluzione, che ha mantenuto una costante radice, senza mai cangiare troppo o senza stravolgere completamente la propria natura irriverente. Le “pasquinate”, gli “stornelli” e i moderni “rapper”, passando per Sor Capanna e Ciancaribella  mantengono una vena di sarcasmo come i versi del Belli e quelli ancora più profondi e irriverenti di Sallustri.

Prelati, nobili, più o meno blasonati, popolani, guardie e ladri sono stati sempre bersaglio di questa vena romana, forse la presenza e la permanenza dei poteri forti che da sempre abitano a Roma ha dato ai suoi illustri cittadini la consapevolezza di essere custodi di un sapere e di una serie di misteri che, se svelati al resto del mondo, potrebbero cambiare le sorti del genere umano.

I segreti del Vaticano e del Viminale sono ormai argomento noto di discussione come lo sono le trame oscure dei vari banchieri, banditi e uomini di governo ormai accomunati da un solo destino quello di gettare un’ombra sinistra sulla città eterna.

Anche qui i nostri poeti e cantanti non hanno fatto sconti a nessuno, come del resto i nostri cineasti, film come “In nome del Popolo Italiano”, o “Brutti, sporchi e cattivi”, per citarne solo due, sono simbolo di una città fatta di palazzi del potere ma anche di baracche e fanno da giusto compendio ad un linguaggio, quello delle immagini, sempre critico e attento alle contraddizioni di una metropoli, che in passato ha vestito abiti più importanti, quello per esempio di ombelico di un impero o di centro di una delle religioni più importanti e seguite del mondo.

Parallelamente alle produzioni di stampo sociale e di costume, con la rivalutazione di figure come Petrolini, Fregoli e Balzani ad opera di Lando Fiorini, “Gabriellona” Ferri e Alvaro Amici  negli anni settanta a Roma nasce la canzone legata al disagio delle periferie e non solo, quel disagio che tanto ispirava Pasolini che romano non era. Ecco allora che Edoardo De Angelis scrive una delle canzoni che fa da spartiacque tra i due mondi: “Lella”. In questa canzone che è d’autore anche se non sembra, abbiamo tutto; la passione, la consapevolezza della colpa che si deve confessare per forza, ma senza rimpianti e la spiaggia di Ostia, il braccio teso verso il mare di Roma, dove nella realtà troverà la morte Pasolini che probabilmente con i suoi film e i suoi scritti molto ha contribuito alla formazione di quei giovani che oggi cantano Roma e le sue strade. La “Lella” di De Angelis e la “Lilly” di Antonello Venditti dividono lo stesso triste destino, quello di essere donne e vittime in un mondo dove la fanno da padrone la morale, il sopruso e il denaro.

Ma la canzone e la poesia romana non sono solo questo, serenate e “canzoni belle e appassionate” per dirla come Petrolini sono l’altra faccia di una città che ha mantenuto il buon umore e il sentimento alto anche nei momenti peggiori. Pur se martoriata da bombardamenti, deportazioni e soprusi di ogni genere Roma dopo ogni guerra ha la forza ancora di poetare e cantare di “Nannarelle” e”Ninette”. “Nunziata” che viene chiamata dall’amato alla finestra non è altro che uno dei momenti più alti della canzone popolare. I barcaroli a cui “Riassomma er viso de Ninetta bella”. La “Gente de borgata” raccontata da uno che di Roma non è, ma viene dal sud, definendosi un bastardo e che narra la sua città di adozione forse meglio di chi è romano, le “Ballate Rap” scandite con un linguaggio ormai quasi incomprensibile ai romani D.O.C., il tutto spalmato nell’arco di poco più di un secolo, sono la testimonianza di una evoluzione culturale che passa per tutte le discipline del linguaggio, dalla canzone alla poesia. Parole come “Ciumachella” e “Core adorato” sono ormai in disuso nel lessico popolare, ma sono però riproposte con termini nuovi, tanto da riempire ancora l’etere, prima e oggi il Web fino ad essere “pompati”, per usare un termine nuovo di zecca, dagli altoparlanti delle macchine che sfrecciano dal centro alla periferia e viceversa. Al contempo questa piccola grande ricorrenza vuole essere un souvenir delle belle giornate romane di ottobre ancora piene di sole, come se l’estate non volesse lasciarci, ma anche delle grandi iniziative di piazza, come il festival di San Giovanni, un atto di ossequio a luoghi di incontro e aggregazione come il Folk Studio e una smisurata lode a personaggi come Petrolini, Romolo Balzani, Trilussa e tanti altri che con la loro arte hanno raccontato Roma e le sue genti. Inoltre tutto ciò è un omaggio a tutti noi che almeno una volta abbiamo canticchiato “La società dei magnaccioni” o ascoltato una poesia del Belli e soprattutto un piccolo ricordo di quelli che come i nostri padri, i nostri zii, nonni e nonne che dopo otto ore di “cantiere” e due soldi in tasca avevano ancora la forza di ridere, di portare tutta la famiglia “Ar gatto D’Oro” e canticchiare “Roma Capoccia der monno n’fame”. 

Per tutto il mese di ottobre all’Ex mercato di Torrespaccata si potrà assistere a incontri, spettacoli e iniziative sulla tradizione romana.

Per tutto l’anno 2019 sono previste poi altre iniziative culturali legate al cinema: rassegne, dibattiti, incontri, fiere, forum ed eventi a tema con particolare attenzione al mandato primario della struttura di realizzare un vero e proprio progetto di diffusione della cultura e di costituire un luogo d’incontro e discussione per il quartiere e non solo. Al contempo proseguono e si allargano le attività di Scuola Popolare di Musica, i Corsi Base di Teatro, di Yoga, Ballo e Danza. 

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Dalla luna a Woodstock, 50 lune fa…

Pensiamo un attimo a quello che sarebbe stata la nostra storia, recente e passata senza la compagnia della Luna. Quel sasso rotondeggiante in cielo, pieno di buchi, pallida e qualche volta rossa, ha nei secoli ispirato poeti, cantanti, musicisti e sciamani di ogni tipo. Possiamo dire, senza fare una cronologia che porterebbe solo via tempo, che tra le più belle canzoni mai scritte ce ne sono almeno una decina dedicate al nostro satellite, da “Al Chiaro di Luna” di Beethoven a “Moon River” di Henry Mancini e tante altre. Melies, nel lontano 1902, immaginò un viaggio proprio la, mettendo su pellicola, con mezzi improvvisati, un racconto audace, ispirato ad uno dei romanzi più famosi di Jules Verne, che prevedeva il lancio di una nave spaziale con un cannone. Tra le prime fantasie e desideri dell’uomo c’è proprio il volo, Icaro brucia le proprie ali precipitando nel vuoto nel desiderio di raggiungere il cielo e Cirano nel 1600 immagina la luna abitata da creature bizzarre, come se la terra non ne ospitasse. Ma veniamo alla realtà, alla fine della guerra nel 1945 iniziano le prime avvisaglie di guerra fredda, il mondo diviso in due blocchi istituzionali ed economici si barcamena per trovare quella stabilità che rimarrà e rimane una chimera ancora oggi. La corsa allo spazio e agli armamenti vede proprio nell’etere il campo di battaglia, gli americani prendono con sé per questa gara colui che aveva contribuito a decimare la popolazione di Londra durante la guerra con quei missili micidiali chiamati V2: lo scienziato tedesco Wernher Magnus Maximilian von Braun (1912/1977). Mentre i sovietici, prima con Gagarin e poi con il “Programma Luna”, solcano il cielo mandando il primo uomo nello spazio e poi atterrando sul satellite con una sonda già nel 1966. Gli americano non stanno a guardare e mettono in piedi il “Programma Apollo” che porterà il 21 luglio del 1969, esattamente cinquant’anni fa, il primo uomo sulla Luna.

Lo stesso anno, nei giorni di metà agosto, un altro evento spaccò in due il corso degli eventi nel mondo occidentale: il concerto di Woodstock, ma facciamo anche qui un poco di storia. Siamo in piena guerra fredda, quella che opponeva gli Stati Uniti al blocco sovietico, o meglio il blocco occidentale a quello Russo-Cinese. Era in corso allora, siamo negli anni ’60, una delle guerre di parte più sanguinosa della storia moderna: il Vietnam. Il paese dell’Indocina era diviso in due, un governo filo nazionalista a sud in antitesi col governo filo comunista a nord. Gli Stati Uniti d’America intervennero pesantemente con uomini e mezzi in questa disputa a favore del sud con le conseguenze che tutti conosciamo. In America e in tutto il mondo si estese un movimento pacifista affinché le ostilità finissero e non solo, negli Stati uniti si combatteva infatti un’altra battaglia, quella dei diritti civili.

Un’onda lunga di presa di coscienza dei propri diritti che partì dagli anni ’50 fino agli anni ’70 e coinvolse milioni di persone nel mondo. In America la contestazione era veicolata dalle contraddizioni interne al sistema capitalistico, la finta e benevola figura di Zio Sam iniziò a scolorire proprio con l’inizio delle ostilità in Corea, un’altra avventura fallimentare del governo degli Stati Uniti, e finì in polvere negli anni ’60, gli anni degli Hippy e della contestazione globale. E la musica e i musicisti che facevano allora? Nel 1961 Peter Seeger scrive una delle canzoni più belle contro la guerra “Where Have All The Flowers Gone” letteralmente tradotto “Dove sono finiti tutti i fiori” riportiamo alcuni passi tradotti “E dove sono finiti i soldati, nello scorrer del tempo, Dove sono finiti i soldati, tanto tempo fa? Dove sono finiti i soldati? Tutti quanti dentro alle tombe! E quando impareranno, allora, Quando impareranno?”. La canzone cantata da Joan Baez e addirittura da un’icona del cinema internazionale come Marlene Dietrich fece il giro del mondo, innescando quel meccanismo di diffusione di un’idea di pace, nuovo e senza interesse di parte. Da lì la storia è nota, già nello scorso numero abbiamo parlato di Woodstock e delle giornate del Peace & Love.

Nel mese di settembre 2019, dal 13 al 29, all’Ex Mercato di Torrespaccata ricorderemo quell’estate di cinquant’anni fa, non dimenticandoci di un altro fatto planetario: il primo uomo sulla luna. Concerti, spettacoli teatrali e molto altro in un festival chiamato “50 lune fa”. 

Il 13 alle 21.00 si aprono gli eventi con “50 anni e siamo ancora qui a cantare…” una kermesse di ricordi, letture, poesie e canzoni ispirate alla Luna e a Woodstock, un viaggio tra le speranze di una e più generazioni e le lotte per i diritti civili e la pace, voci lontane ma ancora attuali, proprio per non dimenticare. 

Ma non solo Luna e Woodstock, il 14 settembre gli Acoustic Sound ci faranno viaggiare con una serata dedicata a due delle voci più importanti e uniche della nostra canzone, quel duo magnifico chiamato Mina/Battisti. Artisti ancora oggi seguiti e soprattutto cantati da più generazioni. Battisti prima e Mina poi, si congedarono dal pubblico televisivo, il grande pubblico come si chiama ancora oggi, a metà degli anni ’70. Rimasero però fedeli alla loro arte con prodotti discografici di livello, un coraggio vero da leoni in un mondo fatto di immagini false per la maggior parte delle volte… 

Il 21 settembre sarà dedicato all’Open Day, con la presentazione degli eventi e delle attività per l’anno in corso e oltre. 

Teatro, musica e didattica musicale, Cosplay, cinema, letteratura e altre attività in corso e in programma verranno presentati dagli insegnanti e dai responsabili delle iniziative, una occasione per conoscere e parlare con altre persone e magari proporre idee e altro. 

Il 22 settembre è la volta del Cosplay con l’evento “Back to school Cosplay” un incontro così organizzato: un foto set gratuito che sarà a disposizione dei cosplayers, una sfilata contest competitiva con la possibilità di sbalordire la giuria interpretando il vostro personaggio al meglio che potete tenendo il palcoscenico, i K-Host live con relative premiazioni
e per un contest canoro molto divertente e particolare con le sigle della nostra infanzia. 

Il 29 settembre a chiusura un pomeriggio e una serata dedicata alla danza con l’associazione DMB. 

Ossia Danza, Movimento Benessere, per apprezzare e capire quanto sia vantaggioso il movimento e la Danza. 

Per tutto l’anno 2019 e per il 2020 sono previste poi altre iniziative culturali rassegne, dibattiti, incontri, fiere, forum ed eventi a tema con particolare attenzione al mandato primario della struttura di realizzare un vero e proprio progetto di diffusione della cultura e di costituire un luogo d’incontro e discussione per il quartiere e non solo. Al contempo proseguono e si allargano le attività di Scuola Popolare di Musica, i Corsi Base di Teatro, di Yoga e di Parkour. 

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Cultura

Woodstock un sogno per tanti, un incubo che ancora dura per molti

Una generazione, ormai al tramonto fisico che ha dato però tanto a questa società. Ha dato una o più speranze, ha offerto qualcosa in cui credere e ha donato forse uno dei momenti più intensi d’amore collettivo ad un mondo che stava andando in pezzi.

C’era la guerra in Vietnam, Ragazzi in armi morivano per una finta idea di libertà, un benessere falso e figlio di un consumismo sfrenato, un buon lavoro, una bella casa dove crescere figli, una macchina nuova da mettere in garage da guidare nei pochi momenti liberi, una TV a colori per spegnere le idee, come oggi del resto… Ognuno doveva dimostrare di essere meglio degli altri, iniziava la “guerra tra poveri” come si usa dire dalle nostre parti,  ma c’era qualcos’altro; un’ idea. Libertà, pace, amore, musica, sogni…un’idea per cui  milioni di giovani e meno giovani portavano in alto la bandiera del PEACE & LOVE, una bandiera che si lasciava accarezzare dal vento e emanava nell’aria musica, arte, poesia e un pizzico di follia. Era la hippie generation, era la Woodstock generation che, negli anni ’60, portò in alto la corona e il vessillo di una liberà, almeno agognata, ma nel contempo comunque ci si divertiva

La pellicola girata in quei giorni divenne poi un film, uno di quei classici che ancora oggi viene riproposto come testimonianza unica, un opera prima e un modo di concepire il documentarismo fino ad allora mai realizzato. Ma Woodstock non è solo stato questo, ma ha rappresentato negli anni a venire qualcos’altro da quel magnifico 1969 tutta la musica e il modo di viverla cambiò. Non che già i concerti o i grandi concerti non fossero una prassi, ma il viverlo insieme, con tanta gioia e partecipazione fu un miracolo di coesione che ancora oggi fa da esempio a tanti ragazzi.

Il grande assente li fu proprio colui che aveva ispirato tanto ardore e partecipazione ai concerti rock, Bob Dylan, ma la sua assenza non fu sentita ma ben ripianata da quelli che da li a poco sarebbero diventati grandi anche loro. In Italia la moda dei mega raduni fu subito acquisita, il festival di Re Nudo, Parco Lambro e di Villa Panphili qui a Roma in particolare, hanno, sempre con i giusti distinguo, lasciato un segno nella nostra musica e nella nostra società.

Proprio il raduno di Villa Pamphili del 1972 da l’idea che quegli anni erano eccezionali ma per qualcun’altro solo un cumulo di errori e cose da dimenticare, ma proprio il blocco dei cinquanta mila giovani e non solo giovani che per tre giorni dal 25 al 27 maggio invasero il parco ascoltando, partecipando e soprattutto dando una prova di civiltà unica sono la testimonianza che quella generazione, quei ragazzi di ieri, oggi ultrasessantenni avevano una marcia in più. La tre giorni del concerto fu trasmessa in diretta dalla RAI da Renzo Arbore, per la trasmissione “Per voi giovani” così da accontentare tutti quelli che non potevano venir a Roma o che soltanto non avevano modo di accedere per vari motivi al plesso.

Il biglietto da costi popolari (300 lire di allora, circa 10 euro di oggi con quasi otto ore di musica dal vivo) era sostenibile, un concetto molto lontano da quella che oggi è la macchina dei concerti, che alle volte ha prezzi esagerati per la maggior parte delle tasche di un giovane.

Aprono le danze il gruppo della “Fine del Libro”poi, per tre giorni: Sammy Set, il debuttante Francesco De Gregori, Mary Afi e gli Osibisa, i Four Kents un sound del tuttonuovo, Flea on The Honey, Richard Benson prima di diventere l’uomo disco di TVA 40, Il Punto, addirittura Bobby Solo, Folkaudo, Paola Carosi, i Forum Livii, i Rocky’s Filj, il Banco del Mutuo SoccorsoOsanna, Blue Morning, Aum Kaivalya, Quella Vecchia Locanda, Raccomandata con Ricevuta di Ritorno, Semiramis, Nature featuring, Nadia, Living Music, Jimmy Mec, Non Calpestare le Aiuole, Era d’Acquario, gli Anemoni, i New Trolls, Fholks, Claudio Rocchi, Garybaldi, Cammello Buck, Fine del Viaggio, Osage Tribe, e  in chiusura i Trip. Tre complessi stranieri per dare un tocco di classe e di internazionalità a tutto ilFestival: Hookfoot, Hawkwind, Van der Graaf Generator.

Come si intuisce nella tre giorni la fece da padrone quella che era la nascente schiera dei gruppi progressive italiani, una tendenza che fece epoca e cambiò letteralmente il modo di gestire i prodotti discografici e la musica nel nostro paese. Gruppi come la PFM e I NEW TROLLS, già avevano nella loro fase embrionale collaborazioni con i grandi cantautori, uno su tutti Fabrizio De Andrè e autori come Reverberi, è del 1968 l’album dei NEW TROLLS “Senza orario e senza bandiera” un concept album scritto proprio da quel Faber che due anni dopo uscirà con uno dei suoi capolavori “La buona novella” suonato in studio dalla PFM che allora ancora si faceva chiamare I QUELLI.

Un progressive italiano che ha avuto una stagione breve, ma che ha lasciato più di un segno, soprattutto nella musica degli anni a venire.

Ma ritorniamo a quella estate di cinquanta anni fa, un evento quello di Woodstock che fece epoca soprattutto per il modo di gestire una folla oceanica di giovani che per la prima volta si riunivano in nome di una convivenza che diede e da ancora fastidio a molti. Quel fiume in piena di persone stanche della retorica e dei massacri in nome del progresso fece sudare freddo non solo in America tutta una ridda di personaggi che sentendosi minacciati nella loro autorità, pensarono bene di criminalizzare tutto un movimento, quello Hippie. La strage di Beverly Hills del 9 agosto 1969 ad opera di una banda di criminali capeggiati da Charles Manson, pochi giorni prima di Woodstock gettò un’ombra su tutto il mondo Hippie. Negli anni poi si è capito che quell’episodio era scollegato da quel mondo Hippie e antagonista lo chiameremo oggi, ma ormai il fango era stato gettato.

A noi piace però ricordare quei ragazzi nella loro natura più bella, ci piace ricordarli mentre sotto una pioggia scrosciante continuano a ballare e allo stesso modo ci piace ricordare i centinaia di musicisti che si sono avvicendati sul palco, i tecnici e tutte le persone che hanno permesso tutto ciò. Nel mese di settembre dal 13 al 29 all’Ex Mercato di Torrespaccata ricorderemo quell’estate di cinquant’anni fa, non dimenticandoci di un altro fatto planetario: il primo uomo sulla luna. Concerti, spettacoli teatrali e molto altro in un festival chiamato “50 lune fa” vi aspettiamo. 

Per tutto l’anno 2019 e per il 2020 sono previste poi altre iniziative culturali rassegne, dibattiti, incontri, fiere, forum ed eventi a tema con particolare attenzione al mandato primario della struttura di realizzare un vero e proprio progetto di diffusione della cultura e di costituire un luogo d’incontro e discussione per il quartiere e non solo. Al contempo proseguono e si allargano le attività di Scuola Popolare di Musica, i Corsi Base di Teatro, di Yoga e di Parkour.

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Periferie Ghetto, Distopia o Prossima Realtà?

Qualche anno fa, agli inizi degli anni ’60 la TV in Italia era rigorosamente in bianco e nero, la programmazione scarna e riferita solo a poche ore giornaliere con tutta la varietà spalmata su due soli canali, il Canale Nazionale e il Secondo Programma, così chiamato perché ridotto nel palinsesto e avvezzo, secondo la dirigenza RAI, a programmi meno appetibili per il grande pubblico.

Per un genere di second’ordine come la fantascienza non c’era posto, o meglio le scalette giornaliere non davano spazio ad un prodotto così poco seguito dal grande pubblico, bisogna aspettare gli anni ’70 con l’avvento delle TV private per iniziare ad assaporare piccoli capolavori o pellicole meno blasonate del genere.

È in quegli anni che compare in una di queste emittenti private un film inglese dal titolo “Nell’anno 2000 non sorge il sole”, film tratto dal libro di George Orwell “1984” già conosciuto dagli esperti ma celato al grande pubblico. Da allora altre pellicole di fantascienza iniziarono a girare per i circuiti televisivi delle TV libere, come si chiamavano allora, così da costringere la RAI a programmare sempre più spesso cicli di film sci-fi e mini rassegne. Il primato va però a Teleroma 56 che tra il 1979 e il 1980 nel fine settimana presenta una serie di film di fantascienza in un programma diretto da Luigi Cozzi che, esperto e curatore di rassegne di genere, fa conoscere al pubblico romano, specialmente a quello dell’hinterland molto attento e fruitore in prima persona del palinsesto di Teleroma 56, piccoli e grandi capolavori di una categoria filmica fino ad allora lontana dal mondo periferico, ma presente nei Cineclub del centro, dove già era ben consolidata.

La rassegna introduce il pubblico a un mondo filmico di livello; i temi trattati nelle pellicole proposte sono di qualità, non solo alieni e “mostriciattoli vari” come ama chiamarli Luigi Cozzi nelle sue presentazioni, ma anche e soprattutto film impegnati e legati al genere distopico. La distopia è un genere di racconto che la Treccani così definisce: distopìa2 s. f. [comp. di dis-2 e (u)topia]. – Previsione, descrizione o rappresentazione di uno stato di cose futuro, con cui, contrariamente all’utopia e per lo più in aperta polemica con tendenze avvertite nel presente, si prefigurano situazioni, sviluppi, assetti politico-sociali e tecnologici altamente negativi (equivale quindi a utopia negativa): le d. della più recente letteratura fantascientifica. Negli ‘50/60 la cinematografia distonica inizia ad avere consensi poiché va ad attingere a fonti letterarie di valore, autori come G. Verne, H. G. Wells, R. Bradbury e lo stesso G. Orwell, offrono spunti di rilievo. Si realizzano in chiave cinematografica romanzi come “The Time Machine” (1960) tratto dall’omonimo romanzo di H.G. Wells (1895) dove si ipotizza un futuro dell’umanità diviso in due classi distinte, I Morlok, dominatori e cannibali e gli Eloi succubi (e pasto!) dei primi. Ma l’urbanizzazione selvaggia e il tema dell’ambientalismo fanno mutare anche il livello narrativo e gli scenari si trasferiscono dell’immediato futuro. “Soilent Green” (1973) è il film che per la prima volta mette in evidenza lo spaccato tra due livelli di città, la prima costruita per i ricchi, piena di agi e l’altra ormai al collasso, sovrappopolata fino al’inverosimile dove i beni sono razionati e controllati dalle autorità. Il parallelismo delle periferie dei grossi centri urbani e il centro economico finanziario è d’uopo. Bisogna aspettare il 1981 con il capolavoro di J. Carpenter “1997 Fuga da New York” per avere un cinema chiaramente schierato contro la cesura di una società divisa in due, scissione marcata da confini fisici e finanziari. La città del basso è una “prigione” costruita sull’isola di Manhattan da cui non si può uscire, li vengono relegati tutti i reietti della società, emblematica la scena iniziale del film dove alcuni disperati cercano di guadagnare la libertà e vengono lasciati morire nelle acque del golfo, ricorda molto una situazione che spesso ricorre anche ai giorni nostri… L’eroe del film di Carpenter è Jena Plissken interpretato da Ken Russell una via di mezzo tra Rambo e Robin Hood, impegnato suo malgrado a proteggere uno dei massimi esponenti del governo e della repressione, il nemico naturale che ogni uomo libero può avere. Film come “1997 Fuga da New York” hanno poi ispirato una serie di altri prodotti come “1990 i Guerrieri del Bronx” (1982) di E. Castellari, con una giovane Moana Pozzi e “2019 dopo la caduta di New York” (1983) pellicole di fattura nostrana.

La letteratura distopica come del resto la fantascienza pura a volte e purtroppo anticipano i tempi. Le previsioni fosche di romanzi come “Fahrenheit 451” del 1953 e l’omonimo film del 1966 diretto da G. L. Godard, dove la società è dominata dall’analfabetismo ed è cancellata ogni traccia di parola scritta, sembrano oggi purtroppo più vicine che mai. La lenta e pianificata mancata alfabetizzazione delle giovani generazioni a favore di una comunicazione e di una formazione basata sulle immagini a cristalli liquidi a scapito della carta stampata, è un anticipo delle previsioni del soggetto di R. Bradbury. Le tinte grigie di racconti del calibro di “1984” e termini come Grande Fratello sono ormai di uso comune per descrivere e qualche volta irridere ad un controllo mediatico su larga scala, fenomeni questi però a diffusione trasversale, tale da renderne l’applicazione molto difficoltosa e che implica nella maggior parte dei casi  una resistenza passiva o attiva che fa ancora sperare. Quello che invece sembra irreversibile è l’ultimo aspetto della distopia, ossia l’inesorabile scadimento morale e qualitativo della società e la divisione più netta che mai tra poveri e ricchi. Le bidonville dei film post apocalittici non sono poi così irreali, gli scenari di città sull’orlo del collasso, collasso che riguarda spesso la parte periferica. la violenza gratuita e lo strapotere delle bande criminali, ben descritte in pellicole come “Distretto 13 le Brigate della Morte” (1976) dello stesso Carpenter e il successivo “I Guerrieri della Notte” (1979), pongono lo schema di una trama che si sta sempre più concretizzando. La miriade di uomini di potere e di tutori dell’ordine corrotti e sempre proni ai voleri di speculatori senza scrupoli, di cui la distopia letteraria e filmica è zeppa, sono la realtà. A noi il compito di imparare dal passato per un futuro migliore, capire che tra le trame di qualche film o libro si annida un monito per il futuro potrebbe essere un’occasione per evitare danni alle generazioni successive.

Prossimamente queste pellicole e altre, saranno oggetto di una piccola rassegna di presentazione di tali opere nei locali dell’Ex Mercato di Torre Spaccata.  

Per tutto l’anno 2019 sono previste poi altre iniziative culturali legate al cinema: rassegne, dibattiti, incontri, fiere, forum ed eventi a tema con particolare attenzione al mandato primario della struttura di realizzare un vero e proprio progetto di diffusione della cultura e di costituire un luogo d’incontro e discussione per il quartiere e non solo. Al contempo proseguono e si allargano le attività di Scuola Popolare di Musica, i Corsi Base di Teatro, di Yoga e di Parkour. 

Frasi celebri: 

“Non c’è nessuna forma d’arte come il cinema per colpire la coscienza, scuotere le emozioni e raggiungere le stanze segrete dell’anima.” 
 (Ingmar Bergman

“Quando si va al cinema, si alza la testa. Quando si guarda la televisione, la si abbassa.” 
(Jean-Luc Godard

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La festa in periferia si fa in musica

Roma sempre pronta a ricevere e a dare, Roma tempo addietro fulcro e crocevia di cultura e culture, oggi vive un momento di stanca. La storia di questa città però è fatta di divertimento e di serate passate in piazza, come fosse un piccolo paese, con l’estensione di una metropoli. I ricordi di tanti di noi che hanno superato gli anta sono fatti di notti estive illuminate dal fascio di luce di un proiettore, le maratone cinematografiche e musicali a cui ci eravamo abituati ormai sono solo un bel ricordo. La crisi economica, l‘avvento della TV H24, le domeniche e i giorni di festa non più dedicate a se stessi, ma magari ad uno shopping anche superfluo, hanno compromesso il rapporto tra persone e la comunicazione diretta. Un equilibrio delicato e facilmente compromettibile quello tra social e carta stampata, insieme tutti questi elementi hanno contribuito all’impoverimento del linguaggio a scapito anche della socialità. Roma dicevamo storicamente è sempre stata una città ricettiva e piena di eventi, non a caso è considerata la culla della civiltà occidentale, è per antonomasia un punto di ritrovo e meta di ogni turista che si rispetti. Dalla seconda metà degli anni ’70, per essere precisi dal 1977, ad opera di una Giunta Comunale illuminata Roma si vestì di iniziative culturali e di spettacolo, cosa che coinvolse milioni di cittadini romani e non solo cosa che però fece adirare quelli che come ieri oggi vedono la cultura o una semplice movida uno sperpero inutile di denaro, o peggio una minaccia al quieto vivere. I detrattori dell’arte in genere di allora sono gli stessi di oggi, coloro che per stizza o per calcolo preferiscono veder destinati i fondi per la cultura in altri ambiti. L’avversione ad un modello di sociètà dove i valori della condivisione e non dell’odio gratuito, elemento che oggi prevale, sono preminenti in settori della politica che vede i propri consensi crescere in virtù della paura insensata. Negli anni a cavallo tra il 1992 e il 1994 una iniziativa come la Festa Europea della Musica vede il suo momento migliore. Nata in Francia dalla volontà di Jack Lang Il 21 giugno 1982, la prima Festa della Musica viene lanciata, la manifestazione doveva durare mezz’ora, mentre ora dura giornate intere. I musicisti furono invitati ad esibirsi gratuitamente per le strade, nelle piazze, nei giardini, nelle corti, nei musei, nei castelli e anche negli ospedali e nelle case di riposo. In quest’occasione si ebbe anche modo di suggerire alle grandi istituzioni musicali come orchestre, opere, cori di aprirsi a nuovi spazi e nuovi generi. La cosa inizia nel 1995 per poi spandersi in tutta Europa, Berlino, Madrid, Barcellona, sono solo alcune città che hanno aderito all’iniziativa, oltre che Parigi da dove tutto è partito.  Le prime città ad adottare questa iniziativa in Italia sono Roma, Milano e Napoli, ma anche piccoli centri italiani hanno fatto di questa nobile idea la loro eccellenza culturale, comunità come quella di Senigallia (AN) e la vicina Lanuvio (RM) vantano feste di rilievo. Un elemento distintivo di questa iniziativa è la contemporaneità dello svolgimento pratico. Come giorno di riferimento, anche per andare incontro alle esigenze organizzative e climatiche di tutte le nazioni partecipanti, è stato scelto il 21 giugno, dove (ormai formalmente), inizia l’estate. Quel giorno milioni di persone, musicisti di professione, amatori, semplici appassionati e un pubblico comunque partecipe, si riversa per le strade delle città d’Europa, sia piccole che grandi. Spazi all’aperto, teatri, auditorium, bar, chiese e centri commerciali sono invasi da uomini in musica, un’occasione unica per tanti artisti di portare in pubblico la propria arte in modo gratuito e a disposizione del pubblico. Questa manifestazione si basa sulla base di un accordo stipulato a Budapest chiamato: “Carta dei Principi di Budapest” in data 1 novembre 1997 che recita così. 

La Festa della Musica si fonda sui seguenti principi

  • La Festa della Musica si svolge, ogni anno, il 21 giugno, giorno del solstizio d’estate.
  • La Festa della Musica è una celebrazione della musica dal vivo destinata a mettere in valore la molteplicità e la diversità delle pratiche musicali, per tutti i generi di musica.
  • La Festa della Musica è un appello alla partecipazione spontanea e l’espressione gratuita di tutti i musicisti, professionisti e amatori, solisti e di gruppo, e di tutte le istituzioni musicali.
  • Tutti i concerti sono gratuiti per il pubblico.
  • La Festa della Musica è una giornata eccezionale per tutte le musiche e tutti i pubblici. I coorganizzatori si impegnano a promuovere, in questo quadro, la pratica musicale e la musica dal vivo senza fine e spirito lucrativo.
  • La Festa della Musica è soprattutto una manifestazione all’aperto che si svolge nelle strade, sulle piazze, nei giardini pubblici, nei cortili… Alcuni luoghi al chiuso possono essere ugualmente impiegati ma solamente se praticano la regola dell’accesso gratuito al pubblico.
  • La Festa della Musica è anche l’occasione di investire o di aprire eccezionalmente al pubblico alcuni luoghi che non sono, tradizionalmente, dei luoghi di concerti: musei, ospedali, edifici pubblici ecc.
  • I co-organizzatori si impegnano a rispettare lo spirito e i principi fondatori della Festa della Musica come annunciati in questa carta. 

Il 21 giugno è il giorno del solstizio d’estate, una notte particolare, una notte che richiama l’antica tradizione delle feste di San Giovanni, che a Roma erano legate al Festival della Canzone Romana. Nel 2014 la manifestazione compie 20 anni in Italia, A Roma verrà festeggiata anche quest’anno con innumerevoli iniziative. L’anno scorso nel Municipio VI è stata organizzata nel plesso del Centro Commerciale Le Torri, nei locali del Teatro Tor Bella Monaca e di fronte all’ingresso del Municipio stesso, con una affluenza di pubblico rilevante. Anche per il 2019 la manifestazione è prevista per tutta Italia, Roma compresa naturalmente, un’occasione per dare alla città e soprattutto alla periferia una giornata all’insegna della cultura e non del degrado.

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Cultura

Io mi ricordo quattro ragazzi con la chitarra… La musica d’autore a Roma

Una mano bianca e una nera chiuse in una stretta serrata e indissolubile. Questo era il simbolo, oggi diremmo logo, del Folkstudio. Agli inizi degli anni ‘60 un nero e un bianco portarono in cantina quello che a Roma era prassi fare nelle piazze nei raduni estivi. Prima di loro streghe e donne fatali si contendevano il primato in una città col sole da marzo a novembre.

Poi sul folk studio c’è una leggenda, una leggenda che racconta di un menestrello proveniente dall’America con il viso pallido, riccioluto e magro come un chiodo che si posò sul trono di Trastevere… Bob Dylan e da lì il mito.

Da allora centinaia sono stati gli artisti che hanno calcato il palco del mitico Folkstudio di Roma, noti meno noti, conosciuti e ricordati come i quattro ragazzi della canzone di Venditti: lo stesso Antonello, il compianto Giorgio Lo Cascio, Francesco de Gregori e Ernesto Bassignano, e altri che fatta una breve apparizione sono caduti nel dimenticatoio. Poi quelli che anche dopo la loro scomparsa continuano a vivere con le loro canzoni, cantautori come Stefano Rosso e Rino Gaetano, solo per citarne due dei più famosi, sono sempre presenti nelle nostre discografie e soprattutto nei ricordi di molti.

Lo scorso settembre all’Ex Mercato di Torrespaccata c’è stata una due giorni dedicata alla musica d’autore ispirata alla figura di Luciano Bianciardi, mentore e “suggeritore” di cantautori come Enzo Jannacci e Giorgio Gaber, una due giorni piena di stimoli e riflessioni su quel fenomeno che ha visto pian piano salire alle vette del successo i “Cantautori” termine questo coniato da uno dei padri della nostra musica moderna, Nanni Ricordi, coraggioso e visionario manager, e poi vocabolo trascinato in alto da un altro romano doc Vincenzo Micocci, si proprio quel Vincenzo che Alberto Fortis voleva ammazzare in una delle sue prime canzoni, insieme ad una invettiva crudele contro i romani, di cui Fortis si pentirà, ma che i romani di una certa generazione non hanno ancora dimenticato, le stesse invettive come “Roma ladrona” che fino a qualche anno fa erano di moda e che oggi qualcuno, lo stesso che le ha usate per scalare vette politiche, dice di non aver mai pronunciato, si la memoria certe volte inganna…

La canzone romana comunque va avanti, l’esperienza della musica creata nonché compiuta per diletto e magari proposta ad un piccolo pubblico, non nasce però al Folkstudio negli anni 60/70 è più antica. La canzone popolare e gli stornelli del Sor Capanna, al secolo Pietro Capanni ne sono un solido esempio. Poco più tardi la figura di Romolo Balzani che potremmo definire il “Proto Cantautore”, poiché scriveva, suonava, cantava e addirittura produceva i propri dischi e la figura di Ettore Petrolini, trasformista e attore elevano la canzone romana al rango di quella napoletana, tradizionalmente più blasonata, poiché supportata da un impianto compositivo di tutto rispetto.

Nel 2019 l’esperienza della musica d’autore continuerà con una rassegna proprio dedicata al Folkstudio, all’Ex Mercato è prevista una tre giorni dove ogni serata sarà gestita da un cantautore romano, il quale condurrà i propri amici in un percorso fatto di poesia, canzone e prosa, dove i temi saranno proprio quelli cari alla nostra tradizione, un omaggio a questa città  troppo spesso crocevia di interessi politici di basso livello, interessi che lasciano indietro proprio quello per cui la città di Roma è unica, la sua immensa e millenaria cultura di tolleranza e ospitalità. Una delle canzoni più simpatiche di Alvaro Amici recitava “Più semo e mejo stamo”, tanto per dire.

La rassegna è anche un omaggio ad un altro grande romano, il professor Gianni Borgna che ci ha lasciato quasi cinque anni fa. Illustre didatta universitario e ricercatore, Borgna ha scritto tutto quello che si poteva scrivere sulla nostra musica e soprattutto sulla città di Roma.

Ma non solo musica, rassegne cinematografiche e teatrali, contest sul Fantasy e sul Cosplay, collaborazioni con istituzioni come la facoltà di lettere e filosofia di Uniroma2, partecipazione attiva con associazioni e realtà del territorio, sinergie con organismi come il CNA, fiere e incontri sull’editoria sono nel programma dell’Ex Mercato di Torrespaccata che vede allargare l’orizzonte culturale e partecipativo per raggiungere un target fatto di condivisione di esperienze per dare linfa ad un territorio troppo svuotato di positività.

Al contempo proseguono e si allargano le attività di Scuola Popolare di Musica, i Corsi Base di Teatro, di Yoga e di Parkour.

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Cultura

Nuovo Cinema… Periferia

All’inizio c’erano le pitture rupestri di Lascaux, poi arrivò Giotto e la sua prospettiva, la pittura rinascimentale, e le nuove vie.

Arriva poi la fotografia e il cinema, tutto questo però sembra ormai passato.

L’immagine e la comunicazione tramite il grande schermo, in primis, nel secolo XX ha assunto un ruolo di primaria importanza come veicolo di divulgazione delle idee e di mode. Il connubio potere/cinema/moda è un processo vecchio un secolo. Lenin e poi Stalin nella Russia post rivoluzionaria misero in primo piano il rapporto col cinema, un cinema dai contenuti fortemente rivoluzionari e allo stesso tempo nazionalistici. Lo stesso fecero poi Mussolini ed Hitler che arrivarono a costruire una industria cinematografica assoggettata al regime, ma anche in tutto il resto del mondo della prima metà del secolo passato questa tecnologia ha avuto un ruolo fondamentale di rapporto con le masse. In Italia già prima del fascismo l’industria cinematografica si sviluppa come arte innovativa, a Pastrone in Cabiria del 1914 dobbiamo l’uso della macchina da presa su carrello, per permettere l’avvicinamento e l’allontanamento del punto di ripresa, tanto per rendere l’idea di quello che il genio italico ha dato a questa nobile arte. A Roma comunque nasce il cinema italiano. Nel 1904 Filoteo Alberini fonda il Cinema “Moderno” in quella che allora era Piazza Esedra e l’anno successivo, nel 1905, lo stesso Alberini gira uno dei primi lungometraggi del cinema italiano “La presa di Roma”. La città eterna dal quel momento in poi diventa punto di riferimento e, allo stesso tempo, musa ispiratrice del cinema italiano. Nel 1937 viene costruita su un’area rurale Cinecittà, un complesso composto da 73 edifici, tra cui 21 teatri di posa, centrali elettriche, uffici della direzione su progetto dell’architetto Gino Peressutti.

La crescita dell’industria cinematografica portò alla diffusione capillare di numerose sale su tutto il territorio cittadino, periferie comprese, a volte convivendo anche con il teatro di rivista ancora diffuso fino agli anni ’50, attori come Aldo Fabrizi, Anna Magnani, Totò, Alberto Sordi e tanti altri, prima di diventare le icone del cinema che conosciamo, si cimentavano in questo genere di spettacolo. Normalmente le performance degli attori precedevano il film. Lo stretto rapporto con il pubblico che si creava durante le serate oggi è un ricordo ormai lontano.

A cavallo tra gli anni ’60 e gli anni ’70 nella capitale sono operative circa 300 sale tra prima visione, seconda visione, terza visione e sale diocesane. Queste ultime avranno un ruolo fondamentale per la seconda o terza distribuzione di pellicole già datate e parzialmente usurate consentendo così la visione a prezzi più che popolari di opere, ma anche cinematografia minore, altrimenti non economicamente accessibile alle classi più disagiate di cui le periferia era piena, oggi molte sale sono state tristemente trasformate in sala Bingo. Nella fattispecie, in quello che ora è il territorio del VI Municipio, non c’erano, fino agli anni ’70 sale cinematografiche, né di prima né di seconda visione. In via Casilina, all’incrocio con quello che attualmente è Viale di Tor Bella Monaca c’era un’arena estiva ora sostituita da una vetreria, mentre nella borgata di Finocchio c’era il cinema Adam di terza visione anch’esso ora inesistente. Bisogna aspettare fino agli anni novanta che l’assessorato alla cultura del comune di Roma istituisca il “Cinema di Raccordo”: proiezioni estive all’aperto gratuite con una programmazione mista di film da cassetta e d’essay: esperienza questa durata a fasi alterne per circa 10/15 anni, memorabile la proiezione poco dopo la sua uscita nelle sale del film “Titanic”.

Da allora le rassegne e le proiezioni diventano, nel territorio di questo municipio, prerogativa di associazioni culturali e biblioteche comunali con un programma specifico e settoriale: film d’autore, per bambini ecc.

Anche all’Ex Mercato di Torre Spaccata il cinema svolge il suo ruolo e occupa il suo giusto spazio: iniziative come “Pellicola Day” svoltasi il 20 ottobre del 2018, che ha ospitato appassionati di proiettori d’epoca che hanno esposto i loro apparecchi permettendo al pubblico di fare un vero e proprio tuffo nel passato della visione cinematografica. L’evento ha visto ospiti come il regista Enzo Castellari, uno dei padri del poliziottesco italiano, che alla veneranda età di 80 anni ha deliziato i presenti con una vera e propria lezione di cinema e con i suoi affascinanti racconti.

Nel mese di Aprile 2018 è stato ospite della struttura, nell’ambito della prima edizione del “Blood fest”, il compositore Claudio Simonetti, leader dei Goblin famosi per la realizzazione, tra le altre, delle colonne sonore di “Profondo Rosso” e “Zombi” riconosciuti come capolavori del cinema moderno.

Per l’anno 2019 sono previste altre iniziative culturali legate al cinema: rassegne, dibattiti, incontri, fiere, forum ed eventi a tema con particolare attenzione al mandato primario della struttura di realizzare un vero e proprio progetto di diffusione della cultura e di costituire un luogo d’incontro e discussione per il quartiere e non solo.

Al contempo proseguono e si allargano le attività di Scuola Popolare di Musica, i Corsi Base di Teatro, di Yoga e di Parkour.

Non c’è nessuna forma d’arte come il cinema per colpire la coscienza, scuotere le emozioni e raggiungere le stanze segrete dell’anima.
(Ingmar Bergman)

Quando si va al cinema, si alza la testa. Quando si guarda la televisione, la si abbassa.
(Jean-Luc Godard)

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Eventi

Pellicola Day

Fiera mostra mercato sulla pellicola cinematografica all’Ex Mercato Torrespaccata sabato 20 ottobre 2018.

All’inizio c’erano le pitture rupestri di Lascaux, poi arrivò Giotto e la sua prospettiva, la pittura rinascimentale, e le nuove vie.

Poi è arrivata la fotografia e il cinema, tutto questo sembra ormai passato, ma la pellicola ancora oggi ha una sua utilità, una sua vita e soprattutto un suo pubblico vivo.

Appuntamento per tutti, grandi e piccoli, appassionati e semplici curiosi per far conoscere questo mezzo alle nuove generazioni e ricordarne il ruolo sociale e culturale che il cinema in genere ha dato alla nostra società.

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Cultura

Scuola Popolare di Musica a Torrespaccata

La denominazione “Scuola Popolare di Musica” è ormai una costante e un’istituzione in città o, per meglio dire, in aree metropolitane dove la carenza di servizi si fa sentire come, per esempio, in periferia. Un progetto, una sfida diversa in un territorio dove l’attenzione è giustamente concentrata su problemi reali, ma a volte forse troppo strumentalizzati secondo le esigenze di parte.

Il termine “Scuola Popolare” è fittamente abusato, ma nasconde in sé quello che a Roma ha significato crescita culturale e ha portato realtà come Testaccio, Donna Olimpia e Villa Gordiani, per citare alcune delle storiche scuole popolari di musica romane, a crescere fino a collaborare con istituzioni e organismi internazionali, ma soprattutto ha significato quello che è più importante: dare la possibilità a giovani e meno giovani, professionisti e dilettanti di fare un percorso formativo di livello a costi fortemente contenuti.

La prima è la scuola popolare di Testaccio che nasce nel 1975 in un contesto di rinnovamento culturale in una città che, dopo anni,  si libera di amministrazioni che mostravano poca sensibilità verso il lavoro di socializzazione e, soprattutto, incuranti dell’importanza degli spazi “collettivi” che erano, di conseguenza, a gestione esclusiva di parrocchie, sedi di partito e sindacati.

Testaccio annovera tra i suoi primati quello di aver sottratto lo spazio alla malavita locale che adoperava i locali del dismesso mattatoio comunale come deposito per le proprie attività illecite, un opera allo stesso tempo sociale e di recupero urbano. I locali vennero poi ristrutturati e da allora oltre 1000 persone l’anno trovano una residenza educativa e ludica a prezzi moderati.

La Scuola Popolare di Musica Donna Olimpia nasce a Roma nel gennaio 1976 dall’incontro di alcuni giovani musicisti e studenti di musica con gli operatori del Centro di Quartiere Donna Olimpia, all’interno del complesso delle case popolari chiamato I grattacieli e descritto da Pier Paolo Pasolini in “Ragazzi di vita”. Dopo un periodo di gestione interna al Centro di Quartiere come Circolo Arci, la Scuola viene legalmente costituita il 23 gennaio 1980”.

Questo invece recita il manifesto di presentazione sul WEB alla voce Scuola Popolare Donna Olimpia. Monteverde, quartiere allora al limite tra la periferia e centro, ospita questa esperienza in piena convivenza con una città che sta espandendosi e che vedrà, di lì a poco, un crescente esodo verso la provincia, per i più fortunati, e la periferia estrema, visti i costi più contenuti delle abitazioni e la possibilità di costruire abusivamente, per gli altri. Ma la caparbietà degli operatori di Donna Olimpia e la proposta didattica porterà questa realtà ad avere in 40 e passa anni circa 40000 allievi e decine di formatori, nonché un riconoscimento istituzionale di tutto rispetto.

Nel 1979 invece nasce la Scuola Popolare di Musica di Villa Gordiani, vero quartiere periferico che ha sede sulla Prenestina. Solido baluardo culturale e formativo, la Scuola Popolare di musica di Villa Gordiani ha rappresentato il punto di riferimento per migliaia di persone, studenti, lavoratori, bambini e pensionati che non potevano, allora come oggi, raggiungere il centro, a causa dei problemi logistici che tutti conosciamo. La loro pagina WEB così recita:

“Facciamo didattica musicale dal 1979, abbiamo formato bambini curiosi felici di conoscere uno dei giochi più belli del mondo: quello di sperimentare la propria musicalità; abbiamo formato ragazzi talentuosi e adolescenti che desideravano formare una band; abbiamo formato adulti che da giovani sognavano di esibirsi su un palco; abbiamo formato pensionati che volevano continuare a vibrare d’emozione… M a soprattutto abbiamo formato allievi che della musica hanno fatto una professione! E siamo rimasti in contatto con la maggior parte di loro, perché ci hanno mandato un amico, un figlio, un nipote; perché sono tornati come insegnanti o anche perché passano semplicemente a salutarci.

Da qui il bisogno e la curiosità di poter pensare, anche se in piccolo, che il territorio del VI (ora V) Municipio potesse avere una possibilità come questa”.

La Scuola popolare di Musica di Torrespaccata nasce invece nel maggio del 2018 dall’iniziativa di alcuni cittadini Romani che desiderano assicurare un’educazione musicale ai loro figli e, nel contempo, valorizzare una zona popolare che da più di trent’anni è abbandonata a sé stessa. Oggi, la scuola è tra le più giovani realtà musicali accessibili a tutti con un contributo di partecipazione per l’appunto “popolare”. 

Piano formativo

La Scuola popolare di musica di Torrespaccata si è pone come obiettivi e finalità quella di favorire l’educazione musicale dei giovani, giungendo poi ad ampliare la propria proposta:
• Allo sviluppo e al perfezionamento dei talenti artistici di qualunque livello ed età, in un panorama di respiro nazionale ed internazionale.
• Alla promozione di momenti di socializzazione attraverso il “far musica” e alla diffusione anche attraverso l’organizzazione di eventi e concerti della letteratura musicale lirica e strumentale e di momenti di solidarietà e di crescita personale.
Queste finalità si perseguono tramite definiti percorsi di alto profilo qualitativo, con particolare impegno nel:
• Sostenere e aumentare la soddisfazione degli allievi, leggendo con attenzione viva e con motivazione profonda i loro bisogni, le loro aspettative, i loro sogni.
• Adeguarsi costantemente ai mutamenti e alle esigenze della società e del settore di riferimento per realizzare un continuo miglioramento della propria offerta
Altrettanto importante è il coinvolgimento attivo di tutti coloro che collaborano con la Scuola Popolare di Musica di Torrespaccata, poiché l’affermazione dei valori e delle professionalità della Scuola non è l’esito di un impegno individuale, ma il frutto di un lavoro dell’intera organizzazione, in cui il contributo di ciascuno è essenziale. Contemporaneamente all’Ex Mercato esiste anche un progetto di creazione di laboratorio teatrale, che parallelamente crea un altro servizio nella zona.

Presto su queste pagine interviste e articoli sui protagonisti della scena musicale e culturale romana, dai più affermati agli emergenti, dai promotori di iniziative artistiche e educative, ai semplici appassionati, poiché pensiamo che un modello di società più attenta e meno avvezza al qualunquismo dilagante possa far bene a tutti, un modello che non piace ai detrattori delle positività che alimentano il degrado, con la speranza di avere un esercito di “Uomini e donne senza speranza e obiettivi” così da favorire paure e divisioni, da cui trarre vantaggio.

Una frase di Calvino ancora attuale per concludere  “Contano due principî: non farsi mai troppe illusioni e non smettere di credere che ogni cosa che fai potrà servire”. 

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Eventi

“Abbiamo qualcosa da dire” 1968/2018 Cinquant’anni e sembra ieri

Quindici giorni di teatro, mostre, libri, musica d’autore, musica etnica, Cosplay e altro all’Ex Mercato di Torre Spaccata, con “Calpurnia in Estate”.

Inizia il 15 settembre alle ore 21 la nuova stagione culturale all’Ex Mercato di Torre Spaccata e comincia con una performance di teatro civile che ormai da un anno l’associazione culturale CLAMA CULTS sta portando in tour per l’Italia centrale.

La commedia “Marta Russo, il mistero della Sapienza” è una piece teatrale tratta dall’omonimo libro di Mauro Valentini, scrittore e giornalista specializzato in fatti e misfatti di cronaca, come ama definirsi lui. Il libro ripercorre le vicende giudiziarie e soprattutto umane dei personaggi coinvolti da uno dei fatti di cronaca che ha sconvolto e interessato, stranamente, il nostro paese per tanti anni. La messinscena, come il libro del resto, non puntano il dito contro nessuno dei protagonisti, non mettono in dubbio il giudizio umano e le sentenze che si sono susseguite negli anni, fino agli ultimi sviluppi. Rende al contrario omaggio e dignità alla povera Marta e alle persone che nel bene e nel male sono state travolte da una vicenda, che ancora oggi, è vissuta da tanti come personale.

Il teatro civile non è un nuovo ospite all’Ex Mercato, nello scorso anno decine di spettacoli si sono succeduti sul piccolo palco di via Filippo Tacconi 11, un piccolo palco davvero ma che ha visto però una delle rassegne teatrali per giovani autori e attori emergenti che normalmente non trovano spazi dove proporre i loro lavori. Una quindici giorni di rappresentazioni, improvvisazioni teatrali, musical, il tutto con un partner d‘eccezione come il Teatro Di Tor Bella Monaca, eccellenza del territorio del VI Municipio e non solo.

Ma oltre la rassegna NOPS (Nuove Opportunità Per la Scena) sul proscenio si sono susseguiti decine di artisti, ognuno con la loro idea e con la loro storia da raccontare. Spose bambine, martiri della mafia, vittime dell’indifferenza sono stati proposti e riproposti, per chi ha la memoria corta, ad un pubblico sempre attento e sensibile.

La quindici giorni prosegue il 22 e il 23 settembre alle ore 17 con la musica. Un Workshop di canti AFRO-LATINOAMERICANI, un gruppo di musicisti argentini diretti dal M°Alejandro Dinamarca, a cura dell’associazione CENTRO STUDI ATELIER CENTODUE e COROINCANTO VOCI FEMMINILI SENZA CONFINI. La musica etnica sta prepotentemente entrando a far parte del tessuto artistico della nostra società e anche a ragione, strumenti come percussioni, flauti e chitarre ci riportano all’essenza della musica, quando non bastava, come oggi, fare un click per ottenere suoni. La dimensione acustica fa onore a quella che è la tradizione e il ritorno alla natura, dove gli strumenti musicali, frutto della parte positiva del genio umano, erano fatti a mano e venivano ispirati dai suoni della natura. Una due giorni dedicata all’origine del suono. L’Africa volenti o nolenti è stata la culla dell’uomo, gli strumenti importati al tempo delle deportazioni di massa dei neri verso le Americhe si sono integrati perfettamente con quelli che già erano sul posto, creando quella miscela che conosciamo bene chiamata musica etnica.

Il 27 settembre alle ore 18 mostra fotografica di Antonella Accosta dal nome “L’Afganistan visto dagli occhi di una donna”, dove una serie di scatti fotografici ci porteranno in una dimensione difficile da concepire, terre così lontane spesso sembrano anche irreali, Antonella Accosta col suo lavoro sulle immagini avvicina quegli spazi fino a farci stare dentro a luoghi che altrimenti non potremmo mai visitare, neanche con la più fervida fantasia.

Il 29 settembre alle ore 18 presentazione del libro “Demoni, dee e specchi concessi” di Patrizia Costanzo. L’autrice nella sua presentazione del libro dice: Se ti fosse data l’opportunità di tornare indietro nel tempo e avere un faccia a faccia con te stesso, ancor prima di questi passi che ti hanno reso più cosciente , cosa gli diresti?
Io mi sono regalata l’occasione e ho messo in rima io e me nello specchio a singolar tenzone. Un viaggio, Una raccolta dalle grandi emozioni… un turbine di sensazioni da scoprire e vivere. Un lavoro sensibile e ben fatto, queste sono le cose che alcuni lettori hanno scritto del libro. L’Ex Mercato ha accolto al proprio interno più volte presentazioni di libri e lavori di editoria, nel mese di dicembre 2017 c’è stata la fiera espositiva “Riusciranno i libri a salvare il mondo?”, prendendo a modello un classico della fantascienza, il capolavoro di Ray Bradbury “Fahrenheit 451” Decine di editori, scrittori e semplici appassionati si sono avvicendati sul palco a presentare i propri lavori. La casa editrice EUS che si occupa di saggistica, cinematografia e sociologia della comunicazione ha la sua sede proprio all’interno della struttura e fa da ponte tra il territorio e il mondo della cultura romano, proprio alla EUS dobbiamo l’incontro con Claudio Simonetti  all’Ex Mercato la scorsa stagione.

28 e 29 settembre ore 21 rassegna concerto “Canta che non ti passa, prima rassegna di canzone d’autore dedicata a Luciano Bianciardi”. Anche qui una due giorni di musica d’autore, quattro cantautori, quattro artisti che proporranno i propri lavori, le loro idee coadiuvati da attori che ci riporteranno nella Milano di Gaber, Jannacci, Dario Fo e Celentano dove proprio Luciano Bianciardi faceva da collante tra musicisti di varia estrazione. Bianciardi oggi dimenticato viene riproposto in questa rassegna a lui dedicata nella sua vena più sarcastica e satirica. Un suo scritto per sintetizzare la lucida ironia che lo contraddistingue ancora oggi a quasi 50 anni dalla morte.

Eppure dovrebbe essere lampante che la libertà della satira coincide con la libertà intellettuale di un Paese moderno, e che l’ironia non può fare altro che bene, e non dovrebbe trovare remore di nessun genere. L’ironia è il miglior antidoto contro il luogo comune, contro il conformismo, contro la dittatura in ogni sua forma.

30 settembre ore 16 “Assasin’s Creed” teatro in Cosplay, una sfida! Il Cosplay è oggi una delle forme d’arte che più coinvolge le giovani generazioni. La voglia di prendere, fosse solo per un pomeriggio, le sembianze dei propri eroi di cartone e oggi diremmo di pixel, non più di celluloide, e magari farlo con altri per condividere questo piccolo sfizio e passare qualche ora in allegria sta diventando sempre più grande e soprattutto è alla portata di tutti. Ma chi meglio di un regista/autore teatrale può ricucire tra loro le trame di una forma teatrale di Cosplay, dando ai mascheramenti una trama, un indirizzo, così da creare una continuità tra finzione e immaginario, del resto la commedia dell’arte non nasce proprio con i travestimenti? Domenica 30 settembre ci saranno proprio le audizioni per creare una compagnia che porterà sul palcoscenico una forma teatrale di Cosplay, perché non partecipare?  

Il titolo dell’intera manifestazione “Abbiamo qualcosa da dire” è ispirato ad uno dei tanti slogan del “68, citazione che sembra più che mai attuale, in una società dove tutti sbraitano, urlano e inveiscono sempre sul più debole, che è la cosa più semplice da fare, noi diciamo che abbiamo ancora qualcosa da dire, e non ci sembra poco.

Associazione Culturale CALPURNIA e Associazione Culturale CLAMA CULTS, Ex Mercato Torre Spaccata, via Filippo Tacconi 11.