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Bilanci e prospettive e che prospettive…

Dicembre si sa è il mese dei bilanci e delle feste, feste che ogni anno risentono sempre più della crisi economica ma di più di quella culturale. L’Italia paese di vati, santi ed eroi e soprattutto di artisti ora è in profonda crisi morale, poiché da più di vent’anni a questa parte il bel paese si è visto sottrarre proprio quelle risorse che fino a qualche tempo fa garantivano quella stabilità, anche se minima, alle risorse della cultura, che non è solo benessere morale ma anche fisico.

Un imbarbarimento del linguaggio televisivo, perché quello poi conta oggi e viene compreso, visto l’analfabetismo strutturale degli italiani, sicuramente ha contribuito a questo processo di regressione. Trasmissioni che muovono su argomenti posticci, litigi tra congiunti, chiaramente falsi, piccole conquiste e riconquiste del cuore, ancora più false e peggio allestite e altamente improbabili, come i personaggi che le animano sono il pane quotidiano del povero utente televisivo. Invettive rabbiose di piccoli e maldestri caporali che si ergono a gradi superiori, e chi più ne ha più ne metta.

Tutto questo da una parte e dall’altra una società che rimane o tenta di rimanere civile e umana, modello bistrattato proprio dai personaggi di cui sopra. Calvino nei suoi scritti diceva “Io penso che il divertimento sia una cosa seria”, poche parole e una grande verità. Cultura non è solo libri alti e scritti piccoli, non è solo musica dodecafonica o “L’Anello del Nibelungo” di Wagner ascoltato rigorosamente in tedesco e senza sottotitoli, cultura è anche il leggere leggiadro e ascoltare musica che ci rallegra e ci diverte, magari suonata da e per quattro amici al bar. Purtroppo però anche quest’ultime forme stanno scomparendo. La socialità è stata sostituita dalla corsa all’ultimo gingillo telefonico, anche a costo di indebitarsi e non mangiare per i mesi a venire. 

Roma, culla della civiltà occidentale prima e faro d’oriente poi, città che annovera tra vari primati quello di essere stata additata come il cancro d’Italia, una Roma ladrona, una Roma coacervo di interessi criminali, piena di fannulloni e perditempo, epiteti sparati da piccoli personaggi in cerca di notorietà prima e voti poi, che oggi mentono proprio su quegli attributi, ma che il web, per nostra fortuna ha immortalato. Loro sono oggi i peggior detrattori di un modello culturale che ha visto la nostra città primeggiare in tutti i campi dell’arte, dal cinema alla letteratura, dallo sport alla musica.

Nella nostra sempre più desolata periferia, qualche manipolo di persone comunque muove sempre passi decisi, i fatti di Centocelle e i roghi criminali non fermano questo movimento di riscatto, oggi un bar o un Pub aperti fino a tardi, con i rischi che conosciamo, un piccolo negozio, una libreria e ogni luogo che illumina e crea movimento è un fortino che va difeso. In questi giorni una delle maxi operazioni contro la criminalità organizzata ha portato ad un azzeramento delle teste pensanti delle cosche in Calabria, notizia questa che non ha avuto il giusto impatto mediatico. A tutto ciò poi colpiscono le parole del magistrato che ha coordinato l’operazione che invita i giovani a tornare alle proprie origini e alla loro terra ad occupare quegli spazi morti per non lasciare aria all’illegalità. Questo fa ben sperare. 

Dicevamo all’inizio di bilanci, all’Ex Mercato di Torre Spaccata per tutto l’anno 2019 si sono susseguiti eventi culturali, un piccolo sunto è nella rassegna di locandine e le immagini che pubblichiamo in allegato. Musica, teatro, rassegne, convention, incontri con personaggi dello spettacolo e della cultura romana e non. Autori e registi televisivi e teatrali, glorie della TV che fu e della TV che sarà… Ne citiamo solo alcuni per dovere di cronaca. Il ballerino RAI Jack la Cayenne, accompagnato da Marco Giusti (Stracult), il cantautore Roberto Kunstler, direttamente dal vecchio Folk Studio e vincitore di Sanremo con i testi scritti per Sergio Camariere, il giovane conduttore RAI, Mario Vai, (Uno mattina e altri programmi RAI), il compositore di colonne sonore Marco Werba, (Dario Argento e altri), il comico e attore Salvatore Marino (Zelig e altri programmi), il regista Franco Bertini, e una infinità di ospiti più o meno importanti ma tutti partecipi e consapevoli del mandato dell’Ex Mercato, struttura che in periferia coglie e accoglie iniziative di livello.

Il 2020 sarà zeppo di iniziative e altri stimoli, è previsto un memorial sulla figura di un altro grande periferico come noi, il cantautore e compositore Giampiero Artegiani, vincitore con Massimo Ranieri di Sanremo con uno dei capolavori della nostra musica, la canzone “Perdere l’amore”. Artegiani nativo di Centocelle fu insieme a Michele Zarillo e Paolo Faenza il fondatore dei Semiramis, gruppo Progressive degli anni ’70. Come autore ha scritto testi e musiche per Michele Zarillo, Franco Califano, Manuela Villa e altri. Giampiero ci ha lasciato nel febbraio 2019, il 14 maggio 2020 avrebbe compiuto 65 anni, a lui sarà dedicata proprio nel mese di maggio all’Ex Mercato una o più serate in ricordo. Allo stesso modo si organizzeranno incontri, dibattiti e convention proprio sul progressive italiano, e quello romano in particolare. Gruppi come Il Banco Del Mutuo Soccorso, I Semiramis, I Goblin e altri nascono proprio a Roma, a loro sarà dedicata una particolare attenzione così da far conoscere ai giovani musicisti e non un’altra eccellenza della nostra città.       

Per tutto l’anno 2020 sono previste poi altre iniziative culturali rassegne, dibattiti, incontri, fiere, forum ed eventi a tema con particolare attenzione al mandato primario della struttura di realizzare un vero e proprio progetto di diffusione della cultura e di costituire un luogo d’incontro e discussione per il quartiere e non solo. Al contempo proseguono e si allargano le attività di Scuola Popolare di Musica, i Corsi Base di Teatro, di Yoga e altro. 

Sempre per dirla come Italo Calvino:  

“D’una città non godi le sette o le settantasette meraviglie, ma la risposta che dà a una tua domanda”

Un augurio di buone feste ai lettori

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Ottobrata Romana All’Ex Mercato

Se pensiamo a Rugantino ci troviamo a rivivere Roma in piena età papalina, mentre con Fregoli torniamo ai tempi della Belle Epoque, invece con “Roma Capoccia” di Venditti ci riconduce direttamente all’ormai storico Folk Studio. Tre epoche diverse ma un unico luogo: Roma, e un’unica lingua perché un dialetto quando diventa storia e lascia dietro sé quello che ha lasciato il “romanaccio”, di lingua ci piace parlare. Dagli scritti di “Cronica d’anonimo romano” del ‘300 fino a “Roma capoccia” di Venditti, passano 700 anni, sette secoli durante i quali Roma ha visto passare sulle sue strade papi, re, imperatori e tutta una serie di personaggi più o meno famosi. I vicoli della città eterna e i grossi agglomerati urbani che ormai si estendono ben oltre “le mura” e ormai lontani anche da “Fori porta” sono e sono stati testimoni oculari di avvenimenti che diventano storia, la stessa che occupa buona parte dei libri di testo specializzati in tale materia. A Roma si è concretizzata una ridda di eventi che hanno sia positivamente che negativamente cambiato il volto alla città in primis, ma anche alla nazione e al mondo intero. La presenza del papato prima, centro della cristianità e successivamente il ruolo di capitale d’Italia, hanno fatto di Roma e del suo popolo un elemento cosciente delle proprie capacità e del suo ruolo fondamentale nelle decisioni, anche quelle estreme. Insieme a tutto ciò poche comunità hanno testimoniato con scritti, raffigurazioni e soprattutto con forme d’arte come la poesia e la canzone, le trasformazioni, i fatti di una città e cantato e raccontato i suoi pregi e i suoi difetti. Tutto questo con una lingua quasi sempre in evoluzione, che ha mantenuto una costante radice, senza mai cangiare troppo o senza stravolgere completamente la propria natura irriverente. Le “pasquinate”, gli “stornelli” e i moderni “rapper”, passando per Sor Capanna e Ciancaribella  mantengono una vena di sarcasmo come i versi del Belli e quelli ancora più profondi e irriverenti di Sallustri.

Prelati, nobili, più o meno blasonati, popolani, guardie e ladri sono stati sempre bersaglio di questa vena romana, forse la presenza e la permanenza dei poteri forti che da sempre abitano a Roma ha dato ai suoi illustri cittadini la consapevolezza di essere custodi di un sapere e di una serie di misteri che, se svelati al resto del mondo, potrebbero cambiare le sorti del genere umano.

I segreti del Vaticano e del Viminale sono ormai argomento noto di discussione come lo sono le trame oscure dei vari banchieri, banditi e uomini di governo ormai accomunati da un solo destino quello di gettare un’ombra sinistra sulla città eterna.

Anche qui i nostri poeti e cantanti non hanno fatto sconti a nessuno, come del resto i nostri cineasti, film come “In nome del Popolo Italiano”, o “Brutti, sporchi e cattivi”, per citarne solo due, sono simbolo di una città fatta di palazzi del potere ma anche di baracche e fanno da giusto compendio ad un linguaggio, quello delle immagini, sempre critico e attento alle contraddizioni di una metropoli, che in passato ha vestito abiti più importanti, quello per esempio di ombelico di un impero o di centro di una delle religioni più importanti e seguite del mondo.

Parallelamente alle produzioni di stampo sociale e di costume, con la rivalutazione di figure come Petrolini, Fregoli e Balzani ad opera di Lando Fiorini, “Gabriellona” Ferri e Alvaro Amici  negli anni settanta a Roma nasce la canzone legata al disagio delle periferie e non solo, quel disagio che tanto ispirava Pasolini che romano non era. Ecco allora che Edoardo De Angelis scrive una delle canzoni che fa da spartiacque tra i due mondi: “Lella”. In questa canzone che è d’autore anche se non sembra, abbiamo tutto; la passione, la consapevolezza della colpa che si deve confessare per forza, ma senza rimpianti e la spiaggia di Ostia, il braccio teso verso il mare di Roma, dove nella realtà troverà la morte Pasolini che probabilmente con i suoi film e i suoi scritti molto ha contribuito alla formazione di quei giovani che oggi cantano Roma e le sue strade. La “Lella” di De Angelis e la “Lilly” di Antonello Venditti dividono lo stesso triste destino, quello di essere donne e vittime in un mondo dove la fanno da padrone la morale, il sopruso e il denaro.

Ma la canzone e la poesia romana non sono solo questo, serenate e “canzoni belle e appassionate” per dirla come Petrolini sono l’altra faccia di una città che ha mantenuto il buon umore e il sentimento alto anche nei momenti peggiori. Pur se martoriata da bombardamenti, deportazioni e soprusi di ogni genere Roma dopo ogni guerra ha la forza ancora di poetare e cantare di “Nannarelle” e”Ninette”. “Nunziata” che viene chiamata dall’amato alla finestra non è altro che uno dei momenti più alti della canzone popolare. I barcaroli a cui “Riassomma er viso de Ninetta bella”. La “Gente de borgata” raccontata da uno che di Roma non è, ma viene dal sud, definendosi un bastardo e che narra la sua città di adozione forse meglio di chi è romano, le “Ballate Rap” scandite con un linguaggio ormai quasi incomprensibile ai romani D.O.C., il tutto spalmato nell’arco di poco più di un secolo, sono la testimonianza di una evoluzione culturale che passa per tutte le discipline del linguaggio, dalla canzone alla poesia. Parole come “Ciumachella” e “Core adorato” sono ormai in disuso nel lessico popolare, ma sono però riproposte con termini nuovi, tanto da riempire ancora l’etere, prima e oggi il Web fino ad essere “pompati”, per usare un termine nuovo di zecca, dagli altoparlanti delle macchine che sfrecciano dal centro alla periferia e viceversa. Al contempo questa piccola grande ricorrenza vuole essere un souvenir delle belle giornate romane di ottobre ancora piene di sole, come se l’estate non volesse lasciarci, ma anche delle grandi iniziative di piazza, come il festival di San Giovanni, un atto di ossequio a luoghi di incontro e aggregazione come il Folk Studio e una smisurata lode a personaggi come Petrolini, Romolo Balzani, Trilussa e tanti altri che con la loro arte hanno raccontato Roma e le sue genti. Inoltre tutto ciò è un omaggio a tutti noi che almeno una volta abbiamo canticchiato “La società dei magnaccioni” o ascoltato una poesia del Belli e soprattutto un piccolo ricordo di quelli che come i nostri padri, i nostri zii, nonni e nonne che dopo otto ore di “cantiere” e due soldi in tasca avevano ancora la forza di ridere, di portare tutta la famiglia “Ar gatto D’Oro” e canticchiare “Roma Capoccia der monno n’fame”. 

Per tutto il mese di ottobre all’Ex mercato di Torrespaccata si potrà assistere a incontri, spettacoli e iniziative sulla tradizione romana.

Per tutto l’anno 2019 sono previste poi altre iniziative culturali legate al cinema: rassegne, dibattiti, incontri, fiere, forum ed eventi a tema con particolare attenzione al mandato primario della struttura di realizzare un vero e proprio progetto di diffusione della cultura e di costituire un luogo d’incontro e discussione per il quartiere e non solo. Al contempo proseguono e si allargano le attività di Scuola Popolare di Musica, i Corsi Base di Teatro, di Yoga, Ballo e Danza. 

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Dalla luna a Woodstock, 50 lune fa…

Pensiamo un attimo a quello che sarebbe stata la nostra storia, recente e passata senza la compagnia della Luna. Quel sasso rotondeggiante in cielo, pieno di buchi, pallida e qualche volta rossa, ha nei secoli ispirato poeti, cantanti, musicisti e sciamani di ogni tipo. Possiamo dire, senza fare una cronologia che porterebbe solo via tempo, che tra le più belle canzoni mai scritte ce ne sono almeno una decina dedicate al nostro satellite, da “Al Chiaro di Luna” di Beethoven a “Moon River” di Henry Mancini e tante altre. Melies, nel lontano 1902, immaginò un viaggio proprio la, mettendo su pellicola, con mezzi improvvisati, un racconto audace, ispirato ad uno dei romanzi più famosi di Jules Verne, che prevedeva il lancio di una nave spaziale con un cannone. Tra le prime fantasie e desideri dell’uomo c’è proprio il volo, Icaro brucia le proprie ali precipitando nel vuoto nel desiderio di raggiungere il cielo e Cirano nel 1600 immagina la luna abitata da creature bizzarre, come se la terra non ne ospitasse. Ma veniamo alla realtà, alla fine della guerra nel 1945 iniziano le prime avvisaglie di guerra fredda, il mondo diviso in due blocchi istituzionali ed economici si barcamena per trovare quella stabilità che rimarrà e rimane una chimera ancora oggi. La corsa allo spazio e agli armamenti vede proprio nell’etere il campo di battaglia, gli americani prendono con sé per questa gara colui che aveva contribuito a decimare la popolazione di Londra durante la guerra con quei missili micidiali chiamati V2: lo scienziato tedesco Wernher Magnus Maximilian von Braun (1912/1977). Mentre i sovietici, prima con Gagarin e poi con il “Programma Luna”, solcano il cielo mandando il primo uomo nello spazio e poi atterrando sul satellite con una sonda già nel 1966. Gli americano non stanno a guardare e mettono in piedi il “Programma Apollo” che porterà il 21 luglio del 1969, esattamente cinquant’anni fa, il primo uomo sulla Luna.

Lo stesso anno, nei giorni di metà agosto, un altro evento spaccò in due il corso degli eventi nel mondo occidentale: il concerto di Woodstock, ma facciamo anche qui un poco di storia. Siamo in piena guerra fredda, quella che opponeva gli Stati Uniti al blocco sovietico, o meglio il blocco occidentale a quello Russo-Cinese. Era in corso allora, siamo negli anni ’60, una delle guerre di parte più sanguinosa della storia moderna: il Vietnam. Il paese dell’Indocina era diviso in due, un governo filo nazionalista a sud in antitesi col governo filo comunista a nord. Gli Stati Uniti d’America intervennero pesantemente con uomini e mezzi in questa disputa a favore del sud con le conseguenze che tutti conosciamo. In America e in tutto il mondo si estese un movimento pacifista affinché le ostilità finissero e non solo, negli Stati uniti si combatteva infatti un’altra battaglia, quella dei diritti civili.

Un’onda lunga di presa di coscienza dei propri diritti che partì dagli anni ’50 fino agli anni ’70 e coinvolse milioni di persone nel mondo. In America la contestazione era veicolata dalle contraddizioni interne al sistema capitalistico, la finta e benevola figura di Zio Sam iniziò a scolorire proprio con l’inizio delle ostilità in Corea, un’altra avventura fallimentare del governo degli Stati Uniti, e finì in polvere negli anni ’60, gli anni degli Hippy e della contestazione globale. E la musica e i musicisti che facevano allora? Nel 1961 Peter Seeger scrive una delle canzoni più belle contro la guerra “Where Have All The Flowers Gone” letteralmente tradotto “Dove sono finiti tutti i fiori” riportiamo alcuni passi tradotti “E dove sono finiti i soldati, nello scorrer del tempo, Dove sono finiti i soldati, tanto tempo fa? Dove sono finiti i soldati? Tutti quanti dentro alle tombe! E quando impareranno, allora, Quando impareranno?”. La canzone cantata da Joan Baez e addirittura da un’icona del cinema internazionale come Marlene Dietrich fece il giro del mondo, innescando quel meccanismo di diffusione di un’idea di pace, nuovo e senza interesse di parte. Da lì la storia è nota, già nello scorso numero abbiamo parlato di Woodstock e delle giornate del Peace & Love.

Nel mese di settembre 2019, dal 13 al 29, all’Ex Mercato di Torrespaccata ricorderemo quell’estate di cinquant’anni fa, non dimenticandoci di un altro fatto planetario: il primo uomo sulla luna. Concerti, spettacoli teatrali e molto altro in un festival chiamato “50 lune fa”. 

Il 13 alle 21.00 si aprono gli eventi con “50 anni e siamo ancora qui a cantare…” una kermesse di ricordi, letture, poesie e canzoni ispirate alla Luna e a Woodstock, un viaggio tra le speranze di una e più generazioni e le lotte per i diritti civili e la pace, voci lontane ma ancora attuali, proprio per non dimenticare. 

Ma non solo Luna e Woodstock, il 14 settembre gli Acoustic Sound ci faranno viaggiare con una serata dedicata a due delle voci più importanti e uniche della nostra canzone, quel duo magnifico chiamato Mina/Battisti. Artisti ancora oggi seguiti e soprattutto cantati da più generazioni. Battisti prima e Mina poi, si congedarono dal pubblico televisivo, il grande pubblico come si chiama ancora oggi, a metà degli anni ’70. Rimasero però fedeli alla loro arte con prodotti discografici di livello, un coraggio vero da leoni in un mondo fatto di immagini false per la maggior parte delle volte… 

Il 21 settembre sarà dedicato all’Open Day, con la presentazione degli eventi e delle attività per l’anno in corso e oltre. 

Teatro, musica e didattica musicale, Cosplay, cinema, letteratura e altre attività in corso e in programma verranno presentati dagli insegnanti e dai responsabili delle iniziative, una occasione per conoscere e parlare con altre persone e magari proporre idee e altro. 

Il 22 settembre è la volta del Cosplay con l’evento “Back to school Cosplay” un incontro così organizzato: un foto set gratuito che sarà a disposizione dei cosplayers, una sfilata contest competitiva con la possibilità di sbalordire la giuria interpretando il vostro personaggio al meglio che potete tenendo il palcoscenico, i K-Host live con relative premiazioni
e per un contest canoro molto divertente e particolare con le sigle della nostra infanzia. 

Il 29 settembre a chiusura un pomeriggio e una serata dedicata alla danza con l’associazione DMB. 

Ossia Danza, Movimento Benessere, per apprezzare e capire quanto sia vantaggioso il movimento e la Danza. 

Per tutto l’anno 2019 e per il 2020 sono previste poi altre iniziative culturali rassegne, dibattiti, incontri, fiere, forum ed eventi a tema con particolare attenzione al mandato primario della struttura di realizzare un vero e proprio progetto di diffusione della cultura e di costituire un luogo d’incontro e discussione per il quartiere e non solo. Al contempo proseguono e si allargano le attività di Scuola Popolare di Musica, i Corsi Base di Teatro, di Yoga e di Parkour. 

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Periferie Ghetto, Distopia o Prossima Realtà?

Qualche anno fa, agli inizi degli anni ’60 la TV in Italia era rigorosamente in bianco e nero, la programmazione scarna e riferita solo a poche ore giornaliere con tutta la varietà spalmata su due soli canali, il Canale Nazionale e il Secondo Programma, così chiamato perché ridotto nel palinsesto e avvezzo, secondo la dirigenza RAI, a programmi meno appetibili per il grande pubblico.

Per un genere di second’ordine come la fantascienza non c’era posto, o meglio le scalette giornaliere non davano spazio ad un prodotto così poco seguito dal grande pubblico, bisogna aspettare gli anni ’70 con l’avvento delle TV private per iniziare ad assaporare piccoli capolavori o pellicole meno blasonate del genere.

È in quegli anni che compare in una di queste emittenti private un film inglese dal titolo “Nell’anno 2000 non sorge il sole”, film tratto dal libro di George Orwell “1984” già conosciuto dagli esperti ma celato al grande pubblico. Da allora altre pellicole di fantascienza iniziarono a girare per i circuiti televisivi delle TV libere, come si chiamavano allora, così da costringere la RAI a programmare sempre più spesso cicli di film sci-fi e mini rassegne. Il primato va però a Teleroma 56 che tra il 1979 e il 1980 nel fine settimana presenta una serie di film di fantascienza in un programma diretto da Luigi Cozzi che, esperto e curatore di rassegne di genere, fa conoscere al pubblico romano, specialmente a quello dell’hinterland molto attento e fruitore in prima persona del palinsesto di Teleroma 56, piccoli e grandi capolavori di una categoria filmica fino ad allora lontana dal mondo periferico, ma presente nei Cineclub del centro, dove già era ben consolidata.

La rassegna introduce il pubblico a un mondo filmico di livello; i temi trattati nelle pellicole proposte sono di qualità, non solo alieni e “mostriciattoli vari” come ama chiamarli Luigi Cozzi nelle sue presentazioni, ma anche e soprattutto film impegnati e legati al genere distopico. La distopia è un genere di racconto che la Treccani così definisce: distopìa2 s. f. [comp. di dis-2 e (u)topia]. – Previsione, descrizione o rappresentazione di uno stato di cose futuro, con cui, contrariamente all’utopia e per lo più in aperta polemica con tendenze avvertite nel presente, si prefigurano situazioni, sviluppi, assetti politico-sociali e tecnologici altamente negativi (equivale quindi a utopia negativa): le d. della più recente letteratura fantascientifica. Negli ‘50/60 la cinematografia distonica inizia ad avere consensi poiché va ad attingere a fonti letterarie di valore, autori come G. Verne, H. G. Wells, R. Bradbury e lo stesso G. Orwell, offrono spunti di rilievo. Si realizzano in chiave cinematografica romanzi come “The Time Machine” (1960) tratto dall’omonimo romanzo di H.G. Wells (1895) dove si ipotizza un futuro dell’umanità diviso in due classi distinte, I Morlok, dominatori e cannibali e gli Eloi succubi (e pasto!) dei primi. Ma l’urbanizzazione selvaggia e il tema dell’ambientalismo fanno mutare anche il livello narrativo e gli scenari si trasferiscono dell’immediato futuro. “Soilent Green” (1973) è il film che per la prima volta mette in evidenza lo spaccato tra due livelli di città, la prima costruita per i ricchi, piena di agi e l’altra ormai al collasso, sovrappopolata fino al’inverosimile dove i beni sono razionati e controllati dalle autorità. Il parallelismo delle periferie dei grossi centri urbani e il centro economico finanziario è d’uopo. Bisogna aspettare il 1981 con il capolavoro di J. Carpenter “1997 Fuga da New York” per avere un cinema chiaramente schierato contro la cesura di una società divisa in due, scissione marcata da confini fisici e finanziari. La città del basso è una “prigione” costruita sull’isola di Manhattan da cui non si può uscire, li vengono relegati tutti i reietti della società, emblematica la scena iniziale del film dove alcuni disperati cercano di guadagnare la libertà e vengono lasciati morire nelle acque del golfo, ricorda molto una situazione che spesso ricorre anche ai giorni nostri… L’eroe del film di Carpenter è Jena Plissken interpretato da Ken Russell una via di mezzo tra Rambo e Robin Hood, impegnato suo malgrado a proteggere uno dei massimi esponenti del governo e della repressione, il nemico naturale che ogni uomo libero può avere. Film come “1997 Fuga da New York” hanno poi ispirato una serie di altri prodotti come “1990 i Guerrieri del Bronx” (1982) di E. Castellari, con una giovane Moana Pozzi e “2019 dopo la caduta di New York” (1983) pellicole di fattura nostrana.

La letteratura distopica come del resto la fantascienza pura a volte e purtroppo anticipano i tempi. Le previsioni fosche di romanzi come “Fahrenheit 451” del 1953 e l’omonimo film del 1966 diretto da G. L. Godard, dove la società è dominata dall’analfabetismo ed è cancellata ogni traccia di parola scritta, sembrano oggi purtroppo più vicine che mai. La lenta e pianificata mancata alfabetizzazione delle giovani generazioni a favore di una comunicazione e di una formazione basata sulle immagini a cristalli liquidi a scapito della carta stampata, è un anticipo delle previsioni del soggetto di R. Bradbury. Le tinte grigie di racconti del calibro di “1984” e termini come Grande Fratello sono ormai di uso comune per descrivere e qualche volta irridere ad un controllo mediatico su larga scala, fenomeni questi però a diffusione trasversale, tale da renderne l’applicazione molto difficoltosa e che implica nella maggior parte dei casi  una resistenza passiva o attiva che fa ancora sperare. Quello che invece sembra irreversibile è l’ultimo aspetto della distopia, ossia l’inesorabile scadimento morale e qualitativo della società e la divisione più netta che mai tra poveri e ricchi. Le bidonville dei film post apocalittici non sono poi così irreali, gli scenari di città sull’orlo del collasso, collasso che riguarda spesso la parte periferica. la violenza gratuita e lo strapotere delle bande criminali, ben descritte in pellicole come “Distretto 13 le Brigate della Morte” (1976) dello stesso Carpenter e il successivo “I Guerrieri della Notte” (1979), pongono lo schema di una trama che si sta sempre più concretizzando. La miriade di uomini di potere e di tutori dell’ordine corrotti e sempre proni ai voleri di speculatori senza scrupoli, di cui la distopia letteraria e filmica è zeppa, sono la realtà. A noi il compito di imparare dal passato per un futuro migliore, capire che tra le trame di qualche film o libro si annida un monito per il futuro potrebbe essere un’occasione per evitare danni alle generazioni successive.

Prossimamente queste pellicole e altre, saranno oggetto di una piccola rassegna di presentazione di tali opere nei locali dell’Ex Mercato di Torre Spaccata.  

Per tutto l’anno 2019 sono previste poi altre iniziative culturali legate al cinema: rassegne, dibattiti, incontri, fiere, forum ed eventi a tema con particolare attenzione al mandato primario della struttura di realizzare un vero e proprio progetto di diffusione della cultura e di costituire un luogo d’incontro e discussione per il quartiere e non solo. Al contempo proseguono e si allargano le attività di Scuola Popolare di Musica, i Corsi Base di Teatro, di Yoga e di Parkour. 

Frasi celebri: 

“Non c’è nessuna forma d’arte come il cinema per colpire la coscienza, scuotere le emozioni e raggiungere le stanze segrete dell’anima.” 
 (Ingmar Bergman

“Quando si va al cinema, si alza la testa. Quando si guarda la televisione, la si abbassa.” 
(Jean-Luc Godard

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La festa in periferia si fa in musica

Roma sempre pronta a ricevere e a dare, Roma tempo addietro fulcro e crocevia di cultura e culture, oggi vive un momento di stanca. La storia di questa città però è fatta di divertimento e di serate passate in piazza, come fosse un piccolo paese, con l’estensione di una metropoli. I ricordi di tanti di noi che hanno superato gli anta sono fatti di notti estive illuminate dal fascio di luce di un proiettore, le maratone cinematografiche e musicali a cui ci eravamo abituati ormai sono solo un bel ricordo. La crisi economica, l‘avvento della TV H24, le domeniche e i giorni di festa non più dedicate a se stessi, ma magari ad uno shopping anche superfluo, hanno compromesso il rapporto tra persone e la comunicazione diretta. Un equilibrio delicato e facilmente compromettibile quello tra social e carta stampata, insieme tutti questi elementi hanno contribuito all’impoverimento del linguaggio a scapito anche della socialità. Roma dicevamo storicamente è sempre stata una città ricettiva e piena di eventi, non a caso è considerata la culla della civiltà occidentale, è per antonomasia un punto di ritrovo e meta di ogni turista che si rispetti. Dalla seconda metà degli anni ’70, per essere precisi dal 1977, ad opera di una Giunta Comunale illuminata Roma si vestì di iniziative culturali e di spettacolo, cosa che coinvolse milioni di cittadini romani e non solo cosa che però fece adirare quelli che come ieri oggi vedono la cultura o una semplice movida uno sperpero inutile di denaro, o peggio una minaccia al quieto vivere. I detrattori dell’arte in genere di allora sono gli stessi di oggi, coloro che per stizza o per calcolo preferiscono veder destinati i fondi per la cultura in altri ambiti. L’avversione ad un modello di sociètà dove i valori della condivisione e non dell’odio gratuito, elemento che oggi prevale, sono preminenti in settori della politica che vede i propri consensi crescere in virtù della paura insensata. Negli anni a cavallo tra il 1992 e il 1994 una iniziativa come la Festa Europea della Musica vede il suo momento migliore. Nata in Francia dalla volontà di Jack Lang Il 21 giugno 1982, la prima Festa della Musica viene lanciata, la manifestazione doveva durare mezz’ora, mentre ora dura giornate intere. I musicisti furono invitati ad esibirsi gratuitamente per le strade, nelle piazze, nei giardini, nelle corti, nei musei, nei castelli e anche negli ospedali e nelle case di riposo. In quest’occasione si ebbe anche modo di suggerire alle grandi istituzioni musicali come orchestre, opere, cori di aprirsi a nuovi spazi e nuovi generi. La cosa inizia nel 1995 per poi spandersi in tutta Europa, Berlino, Madrid, Barcellona, sono solo alcune città che hanno aderito all’iniziativa, oltre che Parigi da dove tutto è partito.  Le prime città ad adottare questa iniziativa in Italia sono Roma, Milano e Napoli, ma anche piccoli centri italiani hanno fatto di questa nobile idea la loro eccellenza culturale, comunità come quella di Senigallia (AN) e la vicina Lanuvio (RM) vantano feste di rilievo. Un elemento distintivo di questa iniziativa è la contemporaneità dello svolgimento pratico. Come giorno di riferimento, anche per andare incontro alle esigenze organizzative e climatiche di tutte le nazioni partecipanti, è stato scelto il 21 giugno, dove (ormai formalmente), inizia l’estate. Quel giorno milioni di persone, musicisti di professione, amatori, semplici appassionati e un pubblico comunque partecipe, si riversa per le strade delle città d’Europa, sia piccole che grandi. Spazi all’aperto, teatri, auditorium, bar, chiese e centri commerciali sono invasi da uomini in musica, un’occasione unica per tanti artisti di portare in pubblico la propria arte in modo gratuito e a disposizione del pubblico. Questa manifestazione si basa sulla base di un accordo stipulato a Budapest chiamato: “Carta dei Principi di Budapest” in data 1 novembre 1997 che recita così. 

La Festa della Musica si fonda sui seguenti principi

  • La Festa della Musica si svolge, ogni anno, il 21 giugno, giorno del solstizio d’estate.
  • La Festa della Musica è una celebrazione della musica dal vivo destinata a mettere in valore la molteplicità e la diversità delle pratiche musicali, per tutti i generi di musica.
  • La Festa della Musica è un appello alla partecipazione spontanea e l’espressione gratuita di tutti i musicisti, professionisti e amatori, solisti e di gruppo, e di tutte le istituzioni musicali.
  • Tutti i concerti sono gratuiti per il pubblico.
  • La Festa della Musica è una giornata eccezionale per tutte le musiche e tutti i pubblici. I coorganizzatori si impegnano a promuovere, in questo quadro, la pratica musicale e la musica dal vivo senza fine e spirito lucrativo.
  • La Festa della Musica è soprattutto una manifestazione all’aperto che si svolge nelle strade, sulle piazze, nei giardini pubblici, nei cortili… Alcuni luoghi al chiuso possono essere ugualmente impiegati ma solamente se praticano la regola dell’accesso gratuito al pubblico.
  • La Festa della Musica è anche l’occasione di investire o di aprire eccezionalmente al pubblico alcuni luoghi che non sono, tradizionalmente, dei luoghi di concerti: musei, ospedali, edifici pubblici ecc.
  • I co-organizzatori si impegnano a rispettare lo spirito e i principi fondatori della Festa della Musica come annunciati in questa carta. 

Il 21 giugno è il giorno del solstizio d’estate, una notte particolare, una notte che richiama l’antica tradizione delle feste di San Giovanni, che a Roma erano legate al Festival della Canzone Romana. Nel 2014 la manifestazione compie 20 anni in Italia, A Roma verrà festeggiata anche quest’anno con innumerevoli iniziative. L’anno scorso nel Municipio VI è stata organizzata nel plesso del Centro Commerciale Le Torri, nei locali del Teatro Tor Bella Monaca e di fronte all’ingresso del Municipio stesso, con una affluenza di pubblico rilevante. Anche per il 2019 la manifestazione è prevista per tutta Italia, Roma compresa naturalmente, un’occasione per dare alla città e soprattutto alla periferia una giornata all’insegna della cultura e non del degrado.

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25 Aprile 2020

Tutto il terzo potere, l’informazione, parla di dichiarazione di guerra al Covid, noi invece in questa drammatica situazione pandemica, vediamo gli stessi risultati di sempre. Per semplificare, non poi così tanto, il 5% della popolazione mondiale erano, lo sono, e probabilmente, se non faremo niente, lo saranno anche in futuro, potenti.

Il 20% sono quelli che credono di essere potenti, credono di far parte della categoria sopra indicata, ma in realtà sono al servizio, come zerbini, dei loro padroni.

Il restante è tutto riconducibile al denaro e tutti sono sacrificabili.
Per riportarlo al presente, la prima categoria non muore di Covid, la seconda poco più’ dell’1% e la terza è al servizio della pandemia “perché ci dicono che c’è un prezzo da pagare per far ripartire l’economia”.
Oggi lo dedichiamo ad un appello: Uniti si vince sempre, l’importante è sapere che noi siamo la categoria dei sacrificabili e mai e poi mai le altre categorie ci aiuteranno.
Per non farsi imbambolare è importante oggi più che mai la Cultura con la C maiuscola, quella che ci permette la conoscenza e di conseguenza la non paura delle scelte da fare.

L’unione di cui sopra parlavamo, con la condivisione dell’emergenza alimentare, attraverso, il semplice gesto di portare generi alimentari e coloro che li hanno ricevuti diventano loro stessi portatori di generi alimentari non c’è chi da e chi riceve come categorie ma ci sono persone che condividono l’emergenza e fanno squadra e diventano più forti per reagire agli eventi.
Per semplificare è diverso quando i ruoli sono chi da per lavoro perché si pulisce la coscienza etc etc e chi riceve, riceve perché è giusto così e non deve far altro che prendere.

Noi in questi due mesi quando non c’era nessuno in città per paura, i soliti posti dove accedere erano chiusi, siamo riusciti, nel nostro piccolo a tamponare quel buco, oggi hanno riaperto, perché la situazione è meno difficil , e perché molto spesso le difficoltà dei poveri diventano guadagno per altri.

Oggi noi vi faremo vedere cosa sono diventai i generi alimentari condivisi con tanti, loro ci hanno rimandato il loro contributo e vedrete il risultato altro che: il Pranzo è servito, La prova del cuoco, Il Boss delle Torte, Giorgione orti e cucina ……

Buon 25 Aprile

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Il Solidale

Il pranzo è servito

L’Ex Mercato in collaborazione con l’Associazione Sguardo al Futuro che gestisce il Banco Alimentare in via Tenuta di Torrenova 16, insieme a tanti altri comitati di quartiere e Associazioni, stanno cercando di diminuire le difficoltà, che sono tante, attraverso la distribuzione di generi alimentari alle fasce meno protette. 

Chi è autonomo si reca in associazione e ad altri che non possono muoversi, con i nostri limiti, li portiamo loro a casa. 

Ci fa piacere che le persone che ne stanno usufruendo ci hanno spontaneamente inviato le foto di ciò che cucinano. 

Come potrete ben comprendere lo sforzo è grande sia a livello umano che a livello finanziario, quindi per chi volesse partecipare con noi a questa forma di aiuto ma non si può muovere vi indichiamo l’IBAN dell’Associazione Sguardo al Futuro

IT19N0103003371000001346010