La vita e le emozioni rappresentate attraverso la rielaborazione digitale della fotografia
Angelo Addessi, classe 1957, nato a Formia e vive a Roma. Educato da due meravigliosi genitori, segnati nella vita dai tristissimi eventi della Seconda Guerra Mondiale, ha creduto sin da piccolo nei veri valori e profondi ideali della vita. Valori e ideali che lo hanno condotto quasi per mano ad arruolarsi minorenne nell’Arma dei Carabinieri.
Ha sempre creduto fermamente che l’Arma sarebbe stata la sua futura famiglia e così é stato. Contro il volere della madre, che lo lascia libero di decidere sulla propria vita, supera la selezione e si arruola nell’Arma dei Carabinieri fino a raggiungere nei decenni di carriera il grado apicale di Maresciallo Aiutante sostituto Ufficiale di Pubblica Sicurezza.
Ancora oggi ricorda con devozione gli anni di servizio a favore dell’Italia e della Collettività. Ciò che amava del suo lavoro era stare a contatto con le persone e sentirsi saldo riferimento per la vita sociale di un centro urbano. La sua carriera e le benemerenze acquisite negli anni, sono state premiate dal Presidente della Repubblica Italiana nel 1998 che gli conferì l’onorificenza di “Cavaliere della Repubblica Italiana”. Allo stesso modo ora ritrova gli stessi valori di servizio e condivisione nell’espressione artistica. I suoi lavori racchiudono le sfere più intime del suo carattere.
Angelo Addessi continua ora una seconda vita come artista. “Ho imparato che la mia vita è un’eterna lezione. Non ne ho mai abbastanza”, sono state le prime parole che mi ha saputo rivolgere non appena seduti, entrambi pronti per iniziare l’intervista.
Riconosciuto come artista contemporaneo a livello nazionale ed internazionale, opera una rielaborazione di immagini fotografiche originali attraverso software digitali di immediata disponibilità su device mobili e computer più comuni. Si concentra sulla rielaborazione di soggetti che appartengono alla sua quotidianità.
Sono tangibili i richiami alla Pop Art per l’utilizzo della tecnica di stampa su tela. Ma i colori vividi e decisi richiamano l’impatto delle riproduzioni vignettistiche rielaborate ad olio su tela da Roy Lichtenstein, ingrandite, sgranate, estrapolate dal contesto fumettistico ed autosufficienti in solitaria.
Fin dai primi anni ‘60, due artisti iconici, Andy Warhol e Lichtenstein, fanno propri i metodi meccanici di stampa con il tentativo di democratizzare l’arte e farla scendere dal piedistallo élitario attraverso una riproduzione in serie di opere che immortalano soggetti “popular”, attrattori del vasto pubblico perché icone di un immaginario quotidiano, derivanti dall’esposizione frequente e ripetuta alla comunicazione pubblicitaria. L’opera d’arte perde la sua esclusività e ne acquista il pragmatismo di una società consumistica orientata alla produttività e al mercato.1
Angelo Addessi mi ha spiegato che, ispirandosi a quei maestri emblematici, utilizza la tecnica della stampa fotografica su tela ma con un percorso inverso a quello operato dagli artisti internazionali sopra citati. Egli riscopre l’emisfero emotivo attraverso la rielaborazione digitale del proprio archivio fotografico e poi la impressiona su tela. L’intento è quello di rendere la stampa, non più una riproduzione meccanica ed industriale ma un mezzo in grado di impressionare su tela l’emotività. Egli utilizza inchiostri stampati con una resa in alta definizione per far emergere i dettagli e la brillantezza dei colori.
Attraverso la rielaborazione digitale di inquadrature quotidiane ne ritrova profili stilizzati dal colore saturo e contrastato. L’essenza delle inquadrature si rintraccia attraverso silhouettes dai colori vividi. Gli scatti perdono il proprio significato originale, trasformandosi in momenti espressivi di emotività e sensazioni personali.
La stampa serigrafica si fa mezzo per trasportare l’emotività su tela abbandonando la sua caratteristica meccanica. La tela si fa istantanea che immortala le sensazioni ed i movimenti intimi dell’artista.
Angelo modifica digitalmente un archivio fotografico quotidiano, pixel dopo pixel. I mezzi con i quali rielabora gli scatti sono a disposizione su qualsiasi shop virtuale di applicazioni. Dunque un mezzo a disposizione di tutti che egli ha fatto proprio per creare. Attraverso di essi esprime la propria personalità tenace dai confini netti. Nonostante il carattere saldo e sicuro, ho avuto l’onore di conoscere, attraverso questa intervista, un artista aperto al dialogo, un uomo curioso che mai smetterà di imparare e conoscere.
Ha esposto le sue opere durante mostre di livello nazionale ed internazionale, è membro attivo del gruppo di artisti autodefinitosi MOSKA. Collabora con l’associazione Culturale non profit Art Experience di Salerno e fa parte degli artisti che hanno partecipato agli eventi fieristici organizzati da NEF, Nord Est Fair.
Ci siamo incontrati e abbiamo fatto due chiacchiere insieme all’amica e artista contemporanea Nadia Turella. Ad ora, anche lei Spacc’Artista a tutti gli effetti
Quando hai capito le tue necessità di espressione attraverso la fotografia digitale e la stampa ad alta risoluzione su cotone vegetale?
Partendo dal presupposto che non sono fotografo, dico sempre che la mia passione è immortalare istanti per trasmettere emozioni e condividerle con chi le percepisce attraverso i miei lavori. Credo nel potere di fermare il tempo, per me la fotografia digitale è un mezzo per osservare il mondo e rielaborare le immagini per comunicare una sfera emotiva impercettibile ad occhio nudo. Credo nelle sintonie emotive, questi lavori mi permettono di instaurare una relazione con chi osserva attraverso un dialogo muto, fatto di emozioni e colori pieni, vibranti.
Perché scegli il cotone vegetale come supporto per le tue stampe su tela?
Il cotone è un materiale molto resistente che non si altera facilmente nel tempo, l’inchiostro che utilizzo per la stampa si addentra in maniera profonda tra il reticolo di fili. Utilizzo inchiostri naturali per le stampe su tela, che rimangono vividi e vibranti. Non avendo elementi sintetici nella composizione rimangono delicati sul tessuto, senza andare a minare la brillantezza del colore con una resa ad alta risoluzione.
La qualità dei materiali è il mio primo obiettivo al fine di realizzare dei lavori durevoli nel tempo, come sono permanenti le foto digitali archiviate su un qualsiasi hard disk. I pixel rimarranno per sempre incastonati in quel file digitale, e potranno essere visionati in qualsiasi momento, almeno fin quando non sarà obsoleto il formato digitale che permette di salvare quei dati digitali. Ma credo che, anche quando il file risulterà illeggibile per un determinato computer, avremo sempre il modo di estrarlo e trasformarlo in un formato compatibile alternativo.
Dunque, essendo i dati digitali costanti nel tempo, avevo l’intenzione di dare alle mie opere digitali un supporto fisico che potesse assomigliare ai supporti digitali nella resistenza durevolezza ed efficienza nel futuro.
Ci vuoi parlare di un’opera in particolare che ti rappresenta e come l’hai realizzata?
In ogni lavoro catturo attimi della mia vita con semplici scatti fatti con il cellulare. Come un pittore, elaboro l’immagine ma non utilizzo colori a tempera o ad olio. Li sostituisco con effetti di saturazione, contrasto, luminosità e valori tonali, bilanciamento dei colori per modificare i pixel. Il risultato sono quadri quotidiani a lunga durata. Perpetuo attraverso il digitale istanti che emanano vibrazioni non altrimenti percepibili.
Un lavoro in particolare cattura un istante di vita passata. In gioventù, prima di arruolarmi, facevo il meccanico. Mi entusiasma tuttora capire il funzionamento dei motori. Mi piace il loro rumore e come tutti i pezzi si incastrano per formare un sistema che compie lavoro.
L’anno scorso ho lavorato ad una fotografia, associata a disegno grafico in digitale, dal titolo “Introspezione” . Ritrae, in un’immagine vivida e vibrante, quel periodo con le mani sporche di olio e la voglia di comprendere ogni meccanismo. Ho fotografato un motore di un veicolo e poi ci ho lavorato sopra digitalmente modificando ogni pixel.
In fondo, nonostante i miei 65 anni, sono ancora un apprendista della vita, volo con la mente. Dalla meccanica adolescenziale ai sogni da adulto. Godo dei colori dettati dalla saggezza. Questo è il mio passato, ma anche il presente di chi ricorda.
Non amo parlare troppo dei miei lavori perché preferisco che ne parli chi li osserva. Per questo ti ho portato alcune critiche che amici e colleghi hanno scritto su questo lavoro, almeno puoi avere uno sguardo più completo.
Ultima domanda: Mi hai detto che fai parte di un gruppo di artisti che si autodefinisce MOSKA. Perché avete scelto questo nome?
Beh, tu la conosci l’aneddoto su Giotto e Cimabue? Nessuno sa se sia realmente accaduto, le fonti sono incerte anche in merito al suo apprendistato nella bottega di Cimabue. Ma ne scrive il Vasari nella celebre opera “Le Vite” ed io mi appello a lui come testimone.
Un aneddoto a cui vogliamo credere perché racconta una forma autoironica di presentazione di sé e degli altri. Noi, artisti del gruppo MOSKA, vogliamo fare i seri senza prenderci troppo sul serio.
Per questo motivo Giotto ci ha ispirato per la scelta del nome del gruppo. L’aneddoto narra che l’artista, eccellente nella sua tecnica, disegnò una mosca talmente tanto realistica sul dipinto di Cimabue che il maestro cercò di mandarla via scuotendo la tela. Quando si accorse che era pittura, il maestro capì che l’allievo l’aveva superato e sarebbe stato in grado di camminare con le sue gambe.
Vi lasciamo al link di seguito un articolo molto interessante sulla mosca nella storia dell’arte, scritto da Silvia Tomasi per CFArts: Dove si posa la mosca, che il diavolo dipinge | Conceptual Fine Arts
Referenze e Link:
Critiche artistiche scritte da parte di colleghi ed amici ad Angelo Addessi.
Arte del Novecento 1945-2001, Mirolla M. & Zucconi G. (2002). Mondadori Università.
L’Associazione Art Experience, (n.d.). Art Experience. Retrieved March 20, 2022.
Artisti CATS ArtePadova, (n.d.). Retrieved March 20, 2022.
Giotto :: arte italiana :: Galleria degli Uffizi, (n.d.). Uffizi Firenze. Retrieved March 20, 2022.
Dove si posa la mosca, che il diavolo dipinge, Tomasi, S. (2021, March 8). Conceptual Fine Arts. Retrieved March 20, 2022.
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