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SPACC'ARTISTA

Roberta Sciuto

Ha il mare dentro, negli occhi il fuoco.
Nella testa tante storie da raccontare. 

Nata a Santa Marinella, appassionata lettrice e giovane scrittrice emergente, Roberta Sciuto, classe 1997, ha appena pubblicato il suo ultimo romanzo, “Anime Comunicanti, con Porto Seguro Editore.

L’ultima opera letteraria di Roberta, “Anime Comunicanti” è avvincente e sensuale. Il romanzo è ribelle come lei. Delinea i confini di un cerchio fiabesco che non vuole essere circonferenza.
Si tratta di una storia cruda, appassionante, sensuale e credibile come lo sono i suoi personaggi. Tre fratelli maledetti che non scelgono di essere famiglia e lottano anche contro se stessi per liberarsi.

Un libro che non sarà facile dimenticare perché tocca sfere emotive intense. Di seguito il link se siete curiosi di scoprire di più:
Anime Comunicanti – Roberta Sciuto – Libro – Porto Seguro Editore | IBS 

Abbiamo fatto quattro chiacchiere con lei. Ci siamo sedute per tre ore in un bar nel quartiere romano di Monti ed è uscito qualcosa di bello. Di seguito potete trovare tutto ciò che ci siamo dette. 

Anime Comunicanti” ed i suoi personaggi. Ti rivedi nelle tre personalità divergenti o un personaggio ti rappresenta in particolare?

Allora, in generale, credo che sia importantissimo partire dalla propria esperienza per scrivere. E non perché non ci debba essere creatività o finzione. La scrittura è finzione, è disegnare immagini con le parole. Lo scrittore crea un universo di interazioni e di energie che si discosta dal tempo del mondo reale. Insomma, ci sono dei ritmi in un romanzo che non assomigliano alla realtà, ma ci si riflettono con intensità. Lo stesso accade nei film ed in altre opere narrative, cioè lavori che hanno il compito di raccontare storie. 

Tuttavia, mettere dei pezzi di vita nelle mie storie, sensazioni, suggestioni, esperienze personali, aiuta a delineare confini nella narrazione. Le bussole di esperienza diretta mi aiutano a scrivere con intensità e credibilità. Scrivere delle cose che conosci da una vita vuol dire che sai bene di cosa stai parlando, significa essere credibili agli occhi del lettore.

Dunque, sì, confermo, ogni personaggio ha un qualcosa di me, ha un guizzo di me. In “Anime Comunicanti” ad esempio Sael ha il mare. Come me è nata con l’acqua salata tra i capelli. Quindi ciò che mi lega a questo personaggio sono le immagini evocate dal mare. Quelle le ho viste tantissime volte nella mia vita e le ho rielaborate in modo tale che le stessero bene addosso.

Poi, con Sael ho dato vita ad un carattere molto diverso dal mio perché lei è un personaggio emotivamente sterile. Il suo nome in Arabo significa quel confine tra deserto e steppa”. 
Il dono soprannaturale di Sael, dalla pelle olivastra come alghe essiccate al sole, è gestire il calore e la salinità degli alimenti. Inoltre, colleziona ossi di seppia

Dunque in quest’ultimo romanzo vi sono molti “easter eggs” narrativi, dove per ogni personaggio ho scelto scientificamente dei nomi che hanno un proprio significato in altre lingue, un significato che li rappresenta fisicamente e caratterialmente. 

La scelta dei nomi è peraltro funzionale allo stile narrativo del romanzo, essendo esso evocativo di atmosfere fiabesche e dei suoi ritmi ancestrali. Ritroviamo le metafore ed i simbolismi propri della fiaba, esso ha un ritmo simmetrico e circolare come le favole, ma si conclude senza dover per forza unire i capi della circonferenza. 

I protagonisti sono tre fratelli che non si amano, perché non si sono scelti. La famiglia non si sceglie d’altronde. Si odiano e sono costretti a convivere negli stessi corpi a causa di una maledizione. 
Ma da dove proviene questa maledizione? 

Al centro del romanzo sono racchiuse dinamiche familiari sbagliate che prendono vita in una natura ancestrale, senza tempo, dove i suoi elementi si integrano e si sfidano con gli umani. Genitori che non sanno fare gli adulti, inermi di fronte a bambini potenti legati da una maledizione che non conosce tempo.  L’atmosfera è densa di mistero e magia. La natura che ritraggo è una madre cruda con i propri figli, un non-luogo senza coordinate geografiche, dove si deve costantemente combattere per sopravvivere. Una realtà violenta, come in una fiaba dalle tinte fosche

I tre fratelli, Erat, Sael e Reo,  fin dalla nascita sono attirati dal magnetismo della natura, si addentrano quindi nel bosco, ognuno cercando la propria strada. Ciascuno, attirato dalle fronde di un possente albero che vive di vita propria, si taglia con le schegge della corteccia. Ed in quell’istante la maledizione li tiene uniti per sempre. 

Un legame forte di sangue, ma anche di corpo, mente e spirito. I tre fratelli maledetti, sono ora costretti a vivere uno il corpo dell’altro. L’unica libertà che hanno è poter scegliere il corpo attraverso cui fare esperienza di quel mondo lontano, custodito tra le onde del mare e le cime delle montagne. 

Erat ad esempio, la sorella combattente, spietata, riconosce il corpo del fratello Reo come quello più adatto per sé. Lei si sente a suo agio in un corpo maschile, mentre Reo e Sael odiano fare esperienza del corpo della sorella perché la sua energia, cupa e temibile. rimane palpabile anche nella sua assenza. 

La maledizione dunque non ha una genesi, esiste e permane sulle anime dei tre fratelli. Un’unione di corpo e mente che allude ad un simbolismo prossimo al dialogo contemporaneo, ovvero la fluidità di genere ed il sentirsi meglio in un corpo che non ti appartiene dalla nascita.

In alcuni frammenti mi ricorda Baricco. Probabilmente per il fatto che ci ritroviamo immersi in un universo naturale senza tempo a picco sul mare, dove si incrociano destini intrecciati e “comunicanti”.

Ho letto tutto di Baricco, ma ti assicuro che è molto più violento. Lasciando stare Baricco, che mai mi stancherò di leggere, ho cercato di creare una sorta di cammeo per ogni capitolo. Ogni quadro è racchiuso in una cornice senza tempo. Le immagini sono fondamentali per me ed è per questo che il romanzo mi assomiglia. 

“Anime Comunicanti“ vuol essere un romanzo grafico, vuole evocare immaginari, vuole lasciare libero il lettore di vedere universi lontani, ma prossimi e credibili. È ambientato in un non-luogo, tuttavia i sentimenti dei personaggi sono umani e contrastanti. Per questo attraverso di essi ritrovo la credibilità a cui aspiro.

Anche nelle azioni dei personaggi ritroviamo immagini evocative delle proprie personalità, tutte e tre originali e divergenti: Sael ad esempio, è arida ed emotivamente sterile, raccoglie e colleziona ossi di seppia in riva al mare. Credo che in una narrazione efficace tutto debba essere utile. 

Sì, credo che la scrittura creativa sia anche ritagliare pezzi di vita donando loro ritmo, perché essa è azione. Ma anche le pause sono utili per creare dinamismo.  

Nel movimento narrativo e le sue strutture ritmiche, organiche, anche il realismo viene esagerato o ridotto a seconda delle necessità di scrittura. Altrimenti sarebbe una lista della spesa, un elenco telefonico monotono e anacronistico. 

Hai già pubblicato due romanzi. Il primo un’auto pubblicazione dal titolo “Il Ciclo delle Persone che sentono” (2018), mentre il secondo, edito dalla casa editrice Land Editore dal titolo “Luce, Oltre i Confini del Pensiero” (2021). 
Per la tue esperienze, saprai rispondere a questa domanda: Come scrivi e perché ti sei messa in testa di scrivere romanzi? 

Mi sembra sempre necessario scrivere nell’ottica di chi legge, dunque il mio compito è guidare l’attenzione del lettore su determinati elementi, lasciando dietro di me il superfluo. Per guidare è fondamentale avere le idee chiare, il rumore di elementi superflui non aiuta, tutto deve avere uno scopo nella narrazione, altrimenti non ha senso aggiungere pezzi. Un po ‘ come quando metti la sabbia in un retino, fluisce quello che passa attraverso, il resto rimane tra le maglie. Se ciò che rimane viene messo a forza, credo che risulti solo ed esclusivamente esercizio di stile. E l’esercizio di stile il lettore lo capisce, dunque sottovalutare chi legge è sempre una cazzata perché capisce sempre quando quell’elemento narrativo è sbagliato e poco utile. Dunque, mai sottovalutare chi sta osservando. 

Perché scrivo romanzi? Perché credo che tutti abbiamo bisogno di rifugiarci in mondi diversi a volte, ritrovandoci un riflesso di quello che conosciamo già.

Le tue ispirazioni, i tuoi maestri. 

Ho imparato da maestri iconici che è bene scrivere in modo implicito. 

A me piacciono le storie con pochi dialoghi. Ad esempio mi ispira il cinema orientale. Perché il modo di vivere i sentimenti è latente, celato tra le righe.

Ad esempio nel film del regista giapponese Wong Kar Wai dal titolo “In The Mood For Love” (2000)  ci sono pochissimi dialoghi, ma racconta tutto. Tutto ciò che c’è da dire su quel rapporto, su quella relazione, viene detto in maniera implicita attraverso lo sguardo. Non ci sono scene di sesso. Quel film è esattamente ciò a cui aspiro. 

Allo stesso modo mi ispira Ferro 3 (2004) di Kim Ki Duk, regista coreano che è venuto a mancare l’anno scorso. Regista e sceneggiatore meraviglioso. Un film fatto di silenzi, eccetto qualche parola che il personaggio è costretto a far uscire. Le azioni sono tutto. I gesti sono più carichi di senso rispetto alle parole, anche nella vita credo. 

I miei crucci personali sono i film romantici americani. Mi fanno cagare, gusto personale. Parlano troppo, e fanno poco di concreto. In amore, nella realtà come nella finzione, è necessario dimostrare, è necessario far vedere come ami. Perché le parole non bastano.

Credo che le parole svuotino l’intensità del momento e la sua tensione. I dialoghi fanno perdere il mistero che è necessario, nella vita come nella narrazione. 

Quando è che siamo veramente in panico? Quando le persone a cui teniamo non ci scrivono. Nel silenzio ci creiamo storie e film mentali. Nell’assenza della persona amata ne sentiamo il bisogno. Ci chiediamo il perché delle cose e creiamo altre narrazioni. Ecco lo stesso deve fare il cinema. Lo stesso deve fare un romanzo. Devono parlare poco e se parlano, lo devono fare tra le righe. 

Ma non siamo qui per spiegare come scrivere un romanzo, anzi ti dico che a breve inizierò a registrare dei contenuti multimediali  per la piattaforma Kit for You, un video corso su come sviluppare l’idea per creare una storia che sia inclusiva ed aperta al dibattito moderno. L’obiettivo sarà quello di spiegare come creare dei personaggi  “flesh and bones” in carne ed ossa, ovvero credibili.

Come definiresti i romanzi che si trovano nella tua libreria? 

Come dicevo prima mi piacciono le azioni sospese, mi piacciono le tensioni narrative. Dunque, i romanzi che preferisco sono quelli che lasciano con il fiato sospeso, perché sono efficaci nel guidare il lettore oltre l’ultima pagina letta. 

Mi piace leggere romanzi con uno stile molto definito e storie che mi fanno galleggiare in un contesto, in un’atmosfera, all’interno di un immaginario in cui mi posso specchiare. E così si crea uno scambio, un dialogo implicito tra chi scrive e chi legge. La me lettrice non ha bisogno di sentirsi raccontare tutto, parola per parola, in modo pedissequo. Leggo per immaginare e sognare. E scrivo ciò che mi piacerebbe leggere. 

Credo che L’Amica Geniale” (2011, Editore E/O) sia la saga una delle saghe più belle. Credo che Elena Ferrante sia una penna meravigliosa, intensa e cruda, con una grande padronanza di scrittura e del mistero narrativo. Amo il mistero nelle storie, come i segreti che la vita custodisce per il nostro futuro.

Il mondo editoriale ed i social: come la vedi?

Credo che risulti più semplice pubblicare un romanzo se si riesce a creare un personaggio sui social, che sia simpatico, divertente, con il giusto carisma. Perché a monte hai già persone potenzialmente interessate a comprarlo. 

Come autrice emergente e ragazza comune sto capendo il peso dei social e mi impegno molto anche per curare quell’aspetto. Ma non è semplice. Anzi è molto difficile e mi sono resa conto che il mio ruolo è anche quello di incuriosire ed invogliare a leggere. Ma mi ci impegno, perché anche quei numeri virtuali sembrano essere cruciali nel mondo editoriale di oggi.

Magari, credo che sia più semplice il percorso inverso a quello che ho scelto di fare io. Nel senso che è più semplice pubblicare un libro che vende bene con una casa editrice XY, se a monte ti sei già creato/a un personaggio pubblico sui social. E questo non vuole essere frutto di polemica, anzi, credo che sia semplicemente un dato di fatto comprovato da dati empirici nel mercato editoriale attuale.

Ultima Domanda. Il tuo consiglio di lettura. 

La "Trilogia della città di K.", stupendo perché ti lascia con il fiato sospeso

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